Dolcetti di mandorle e curcuma per iniziare un percorso



Da pochi giorni sono stata nominata Rappresentante regionale per la Sardegna dell’Associazione Italiana Food Blogger (Aifb).
In questa veste il mio impegno per la promozione del territorio che tanto generosamente mi ospita sarà raddoppiato. Nel frattempo cercherò in ogni modo di far conoscere meglio Aifb e i suoi principi e di trasmettere a quante più persone possibile la mia idea del ruolo che un/una foodblogger può avere nell’ambito della comunicazione di un luogo, un prodotto, una specialità locale. 
E questo cercando di toccare più ambiti possibili: dalla materia prima alla comunicazione sui social potrei dire, anche se il campo è vasto e pieno di trappole! Cercherò di fare del mio meglio comunque. Contateci.

Il primissimo tassello di questo progetto è stata la degustazione organizzata sabato 13 maggio presso le Cantine 1SORSO di Leonardo Bagella a Sorso (Sassari), delle quali ho parlato in un precedente post. Cannonau e Vermentino sono stati abbinati a formaggi e salumi locali, nonché a una deliziosa salsa di ruchetta selvatica e a uno strepitoso pane tradizionale fatto in casa con lievito madre. 

Il titolare ci ha spiegato i principi che animano la sua idea di “fare vino” e le caratteristiche del prodotto; io ho parlato ai presenti di Aifb e di alcune idee che desidero portare avanti come Rappresentante regionale, coinvolgendo quante più realtà produttive locali possibili. 

Abbiamo concluso la serata con un bicchiere di delizioso Moscato di Sorso  abbinato con alcuni dolci proposti da me. Poiché i biscottini di mandorle sono stati molto apprezzati e molti presenti ne hanno richiesto la ricetta, ho pensato di ri-pubblicarla. Si tratta infatti di una ricetta semplicissima, già sperimentata in altre occasioni.


Per 60 (o più) biscottini

450 g di mandorle sgusciate e spellate
200 g di zucchero bianco
250 g di zucchero di canna
6 albumi
45 g di curcuma
15 o più mezze mandorle (spellate o meno secondo i gusti)
15 o più mezze nocciole tostate e spellate
15 o più pinoli
granella di pistacchi al naturale
sale fino
acqua di fiori d’arancio



Inserire i 450 grammi di mandorle nel bicchiere del mixer, azionare a scatti. Quando saranno frantumate aggiungere i due tipi di zucchero e far ripartire le lame fino a ottenere un composto fine e omogeneo. Infine aggiungere la curcuma e accertarsi che si mescoli bene.

Rovesciare il composto in una ciotola capiente. Versare gli albumi nello stesso bicchiere del mixer e azionare alla velocità minima fino a che cominceranno a essere spumosi, ma non montati. Per farlo, aggiungere un pizzico di sale fino.

Aggiungere gli albumi alla massa di mandorle e zucchero e lavorare con un cucchiaio fino al completo assorbimento. Lasciar riposare una decina di minuti.

Nel frattempo accendere il forno in modalità ventilata e portarlo a 180°. Rivestire almeno due placche con cartaforno (probabilmente dovrete fare due infornate, quindi organizzatevi di conseguenza).

In una ciotolina versare acqua fresca e acqua di fiori d’arancio a piacere.

Aiutandosi con due cucchiaini da tè, prendere piccole quantità di impasto e disporle distanziate sulle placche rivestite di carta. Bagnare la punta delle dita di acqua mista ad acqua di fiori d’arancio e modellare i mucchietti di impasto, dando loro una forma regolare, tonda o allungata.

Decorare ogni biscotto con le mezze mandorle, le mezze nocciole, i pinoli o un pizzico di granella di pistacchi premendo leggermente perché la frutta secca aderisca all’impasto.

Infornare per 9 minuti a 180°. Estrarre le placche e attendere un paio di minuti, quindi, con una spatolina, staccare i biscotti dalla placca e metterli a raffreddare su una griglia.

Se serve procedere con la seconda infornata.

Lasciar raffreddare completamente i biscottini prima di maneggiarli. Si conservano anche per un paio di giorni in un recipiente ben chiuso, ma sono perfetti gustati dopo poche ore.  



Un piccolo dessert alle fragole

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Un dessert di stagione che si prepara praticamente da solo. Pochissimo da fare, se non avere a disposizione pochi – ma buoni – ingredienti. 

Le fragole: che non siano acquose, ma dolci, mature e saporite. La ricotta: che sia di pecora e freschissima. I savoiardi (o biscottos sardi): che siano fatti come si deve, ovvero solo semola, uova e zucchero. L’abbamele (o abbattu): che sia ... beh, questo dev’essere fatto in Sardegna, c’è poco da fare. 
Si tratta di un derivato della lavorazione dei favi e del miele. Dopo aver provveduto alla smielatura (raccolta del miele) i favi vengono immersi in un recipiente con acqua ben calda; la cera residua e il polline affiorano subito e possono essere raccolti. L’acqua calda, con il miele rimasto ormai sciolto, viene filtrata utilizzando dei teli puliti e fatta sobbollire. Mescolando, eliminando accuratamente le eventuali impurità affioranti e aggiungendo a volte scorza d’arancia o di altro agrume, l’abbamele si concentra sempre più prendendo un bel color caramello scuro e una consistenza sciropposa. Il sapore va provato: non è dolce, ma nemmeno amaro (lo so, è vago, ma...) e varia a seconda del miele di partenza. 
Se è miele di cardo o di cisto sembra davvero di sentire sulla lingua l’aria dell’isola.



Per 1 porzione (quindi moltiplicate per quanti amici invitate)

1 savoiardo
8 fragole di medie dimensioni
1 cucchiaio da minestra di ricotta di pecora
1 cucchiaino da tè di abbamele
1 cucchiaino da tè di zucchero di canna
pochissima acqua (circa 1 cucchiaio)

Tagliare il savoiardo in due, pareggiare le estremità e raccogliere le briciole.

Setacciare la ricotta, aggiungere le briciole di biscotto e l’abbamele, lavorare per ottenere una crema. Sistemare la ricotta sulla parte piana di uno dei due mezzi biscotti e chiudere con l’altro “tipo panino”. Riporre al fresco.

Lavare le fragole, mondarle e ridurle a pezzetti, tutte meno una. Raccoglierle in un pentolino antiaderente, aggiungere lo zucchero di canna e l’acqua e cuocere fino a che non saranno disfatte. Setacciarle per ottenere una salsina fluida e liscia e lasciarle raffreddare.



Affettare in modo regolare la fragola rimasta.


Sistemare il panino di savoiardi e ricotta su un piattino, irrorare con la salsina di fragola e completare con la fragola affettata.

Servire subito.




Un sorso (e anche più di uno...) da 1SORSO

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Ho sempre trovato molto rilassante il panorama di colline ricoperte di vigneti. Dal Piemonte alla Liguria, dalla Toscana alle Marche alle numerose regioni vinicole francesi, non riesco a pensare a espressione più armonica dell’incontro tra natura e cultura. Le colline della zona di Tres Montes, a due passi da Sassari, nel territorio del comune di Sorso, non fanno eccezione.

Lo scorso sabato ho avuto la possibilità di visitare una giovane azienda vinicola, che, un po’ per amore dei giochi di parole e un po’ per quello della semplicità, si chiama 1SORSO e alleva le sue piante di uva Cannonau, Vermentino e Cagnulari proprio in questa zona.



La giornata era ottima: uno splendido cielo azzurro-primavera, una temperatura già quasi estiva ma mitigata da una brezza fresca, uno sfavillante mare blu all’orizzonte, il tipico profumo-di-Sardegna nell’aria. E, a rendere il quadro ancora più perfetto, il verde tenero e brillante delle foglie di vite, i richiami degli animali, il fiorire disordinato (no, non disordinato: naturale) di fiori ed erbe di stagione e... il mio piccolo cane libero, felice e saltellante.



Siamo partiti dalla Cantina, poco fuori l’abitato di Sorso, e siamo saliti in collina in fuoristrada con i titolari Leonardo Bagella e il figlio Mario. Mario ci ha guidato, con l’entusiasmo della giovane età e la competenza di una laurea in agronomia, alla scoperta del territorio e delle particolarità dei loro metodi di allevamento delle vigne. La loro idea – che io sposo in pieno d’istinto, per amore del bello più che per competenza in materia – è quella di minimizzare i trattamenti antiparassitari alle piante, di non irrigare e di lasciare il terreno allo stato naturale, senza arare e senza estirpare le erbe spontanee. Questo serve sia per dirottare gli insetti nocivi su altre piante, sia per evitare che il terreno si asciughi o dilavi in caso di pioggia e vento (immancabile nelle nostre zone). In questo modo si preserva il giusto equilibrio ambientale e si mantiene la biodiversità locale.





Lo scopo non è solo avere un panorama bello e armonioso, ma anche ricadute positive dal punto di vista del vino. Sì, perché l’uva – in particolare la buccia – prodotta da queste piante è più ricca di polifenoli e antociani di quella prodotta con metodo “tradizionale”. Questo in virtù dello scambio di sostanze nutritive con le erbe spontanee e della protezione che un ambiente sano garantisce alla vigna. Le proprietà si trasferiscono al vino, in particolare a quello rosso, il Cannonau, che è comunque già da tempo consigliato come complemento alla dieta mediterranea. Trovo che sia fantastico sorseggiare un buon bicchiere di vino sapendo che ci fa anche bene! A questo proposito la Cantina 1SORSO ha avviato una collaborazione sia con l'Università di Sassari per gli studi in vigna sul Cannonau sia una collaborazione con l'Università di Bologna per gli studi sul vino. Leggeremo con interesse i risultati appena saranno pubblicati.

Non ci siamo limitati a parlare di uva; abbiamo fatto incontri; assaggiato erbe spontanee edibili che crescono solo ed esclusivamente sul terreno calcareo tipico di queste colline (Atriplex halimus L.); sognato di progetti futuri che vanno dall’ospitare famiglie di api ad aprire un centro di accoglienza turistica tra le vigne, dal tracciare sentieri percorribili a piedi o in bicicletta, fino a recuperare alberi da frutta di antiche varietà che possano aggiungere bello al bello.








E non ci siamo nemmeno limitati a parlare! Dopo aver raggiunto di nuovo la Cantina, dove ci attendevano il resto della famiglia Bagella e alcuni altri amici, ci siamo seriamente impegnati negli assaggi. Vermentino e Cannonau 1SORSO (identiche la bottiglia e l’etichetta, che varia solo per un quadratino colorato) degustati in un ambiente accogliente, arredato in modo semplice e originale. Sul tavolo un ottimo formaggio pecorino, un salume locale e il pane di Sorso, rinomato per la sua bontà e per l’accuratezza della lavorazione tradizionale (lievito madre, of course).





Una degustazione che vogliamo ripetere al più presto, coinvolgendo altri amici e con qualche ricetta dell’Orata Spensierata, magari includendo anche il Moscato della Cantina 1SORSO, che verrà vendemmiato per la prima volta nel 2017 e commercializzato a partire dall’anno seguente.