Torta quadrata di cachi (ricetta in prestito)

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Il cachi, o diospero, è un albero diffusissimo in tutta Italia. Per me, bambina lombarda, le vivaci sfere arancioni ricoperte di brina, appese sugli eleganti rami spogli, significavano l’arrivo di novembre e l’avvicinarsi del Natale.
Dove abito ora a novembre è difficile vedere la brina e, anzi, fino alla scorsa settimana era difficile anche pensare di mettersi qualcosa di più pesante di un golfino di cotone; gli alberi di cachi non hanno affatto perso le foglie.
In Sardegna i cachi sono tanto comuni quanto in Lombardia; ci sono nei giardini, così come nelle campagne e si coltivano sia per uso famigliare, sia – solo alcune varietà molto precoci e produttive – anche a scopi commerciali. La prerogativa dei cachi, intesi come frutti, è che, se lasciati a maturare sulla pianta, lo fanno tutti insieme. Una quantità che per una sola famiglia può essere difficile da smaltire.
Ecco che allora in queste settimane si moltiplicano i vassoietti e i contenitori che passano di mano in mano tra vicini, amici e parenti. Uno è arrivato anche a me. Una vera meraviglia: cachi bellissimi, sani, dolcissimi, grandi e... troppi!
Ho pensato alla solita confettura, ma devo ammettere che nessuna delle ricette che ho provato negli anni mi ha mai soddisfatto fino in fondo. Ho deciso quindi di passare alle torte. 
Ho chiesto aiuto alla mia amica Patrizia, la quale sforna meravigliosi dolci al ristorante La Rosa dei Venti di Sennariolo (Oristano), e lei mi ha fornito al volo le indicazioni per una torta semplicissima e leggera.
Io ho leggermente reinterpretato la ricetta sostituendo la farina con la semola, lo zucchero bianco con quello di canna e le noci con le mandorle, aggiungendo pochissimo cioccolato e passando la polpa dei frutti con il mio nuovo passaverdure, piuttosto che farla a pezzetti. L’ho poi cotta in una tortiera quadrata, così da poterla tagliare in cubetti anziché a fette. È poco dolce e si sposa bene con il mio solito tè Darjeeling.

Per una tortiera quadrata di 20 centimetri di lato



600 g di polpa di cachi pulita (3 grandi frutti)
300 g di semola rimacinata di grano duro*
150 g di zucchero di canna
80 g di mandorle**
2 uova
50 g di cioccolato fondente
1 bustina di lievito per dolci (15 g circa)

burro e semola per la tortiera

Togliere il picciòlo ai frutti, eliminare quanta più buccia possibile, quindi passarli con un passaverdure, così da ricavare circa 600 grammi di polpa pulita, senza scarti, senza residui di buccia o eventuali semini. Tenere da parte coprendo il recipiente con pellicola per alimenti.

Accendere il forno in modalità non ventilata e portarlo a 180°.

Nel frattempo sbattere con una frusta le uova intere con lo zucchero fino a ottenere un composto spumoso e chiaro. 

Setacciare la semola con il lievito e unirla a uova e zucchero un cucchiaio alla volta.

Tritare le mandorle e il cioccolato in modo abbastanza grossolano e unire il tutto all’impasto.

Aggiungere tutta la passata di cachi e mescolare bene.

Versare il composto in una tortiera imburrata e cosparsa di semola.

Infornare a metà altezza e cuocere per circa 40 minuti a 180°. Controllare la cottura inserendo uno stecchino nel centro della torta: dovrebbe uscire pulito.

Spegnere il forno, attendere qualche minuto, estrarre la tortiera e sformare la torta. Farla raffreddare sull’apposita griglia.


* la mia semola viene da Villuarbana (Oristano), dove, un paio di settimane fa, si è tenuta la diciannovesima edizione della Sagra del pane e dove ho potuto fare scorta da un produttore locale

** se, come me, avete a disposizione solo mandorle con la buccia basterà sbollentarle in acqua, quindi scolarle e strofinarle con un telo da cucina o coi i polpastrelli. Dopo di che basterà stenderle su un po’ di carta da forno e farle asciugare mentre il forno si scalda in attesa della torta. Le mie mandorle erano quelle di Baressa: se desiderate avere informazioni in più vi rimando a questo articolo di qualche tempo fa





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