Polpettine di patate e asparagi


Qualche tempo fa ho preparato dei ravioli con pasta di semola semi-integrale e un ripieno (liberamente) ispirato ai culurgiones, con patate e formaggio.

Dopo qualche giorno mi sono resa conto che i medesimi ingredienti utilizzati per quel ripieno sarebbero stati ottimi anche per delle polpettine.

Detto fatto.

Per circa 30 polpette (dipende dalla misura, ma io starei sul piccolo)



300 g circa di patate
una dozzina asparagi verdi coltivati di medie dimensioni
1 spicchio d’aglio
50 g circa di pecorino grattugiato

semola rimacinata di grano duro
due uova

olio extravergine di oliva
burro
sale


Lessare le patate con la buccia. Quando saranno cotte sbucciarle subito, passarle con lo schiacciapatate e lasciarle raffreddare in una ciotola.

Mondare gli asparagi e tagliarli a rondelle sottilissime, comprese le punte. Scaldare un poco di olio e una piccola noce di burro in un tegame, unire gli asparagi e stufarli fino a che non saranno teneri, aggiungendo acqua se serve. Lasciarli raffreddare, poi aggiungerli alle patate.

Grattugiare lo spicchio d’aglio e unirlo alle verdure. Completare con il pecorino. Assaggiare e aggiungere sale solo se il pecorino non è già abbastanza saporito.

Mescolare bene il tutto, quindi lasciar riposare il composto in frigorifero.

Preparare un piatto grande con la semola (tenere a portata di mano il barattolo per aggiungerne altra quando serve) e sbattere le due uova in una ciotola ampia e bassa con una forchetta.

Riprendere il composto di verdure e formare tante piccole polpette con le mani, adagiandole via via nella semola. Farle rotolare in modo che si ricoprano per bene, quindi immergerle, poche per volta, nell’uovo battuto e quindi ripassarle nella semola facendo in modo che aderisca bene.

In una padella larga e bassa scaldare una grossa noce di burro e un paio di cucchiai di olio. Gettarvi le polpettine e cuocerle muovendole spesso fino a che non saranno dorate e croccanti.



Servirle bollenti!




Salatini in libreria: mandorle e limone tra Holt e la Sardegna



Qualche giorno fa il caro amico Emiliano della Libreria Azuni mi ha coinvolto nell’organizzazione di un aperitivo per festeggiare l’uscita in Italia di una trilogia di romanzi: quelli dello scrittore americano Kent Haruf pubblicati dal giovanissimo NN Editore di Milano. Devo dire che ha avuto gioco facile sapendo bene sia che il mio primo amore – mai sopito – sono i libri, sia che quei tre libri in particolare mi sono piaciuti tantissimo. Inoltre, visto che i bei libri sono ormai merce rara (sono ipercritica, lo so, ma son fatta così), festeggiare quando se ne trova uno – anzi tre, in questo caso! – è praticamente un dovere.

Insomma... ieri sera in libreria, in abbinamento alla birra tutta sassarese della P3 BrewingCompany, per gli amici che hanno voluto partecipare c’erano anche i miei salatini. Alcuni già ampiamente collaudati e in più un tipo nuovo nuovo, che trovate spiegato qui sotto.

Uno stuzzichino “ruvido” tra le dita e sul palato, ispirato ai personaggi di Haruf: gente un po’ ispida e non proprio allineata, modellata dalla propria terra. E, per questo, in fondo non lontanissima dai sardi e dalla Sardegna.

Per 35 pezzi

150 g di semola rimacinata integrale
50 g di semola rimacinata
50 g di mandorle non sbucciate
40 g di strutto
scorza di un limone non trattato
1 cucchiaino da tè di sale fino
acqua q.b.


Prelevare la scorza (solo la parte gialla) di un limone non trattato con il pelapatate e tritarla nel mixer insieme alle mandorle.

Setacciare insieme sulla spianatoia le due semole. Aggiungere lo strutto e il mix di mandorle e limone. Unire anche il sale. Mischiare gli ingredienti con una forchetta, quindi aggiungere un po’ di acqua e cominciare a lavorare con le mani. Aggiungere poca acqua per volta fino a che la pasta non comincia a prendere consistenza.

Impastare per una quindicina di minuti almeno per dare modo allo strutto di sciogliersi e amalgamarsi bene. Tirare e girare la pasta più e più volte. Formare una palla e lasciar riposare sotto una ciotola sulla spianatoia stessa.

Portare il forno a 200°; nel frattempo rivestire la placca con carta da forno.

Riprendere la pasta, suddividerla in 35 parti con un coltello o una spatola, quindi modellare ogni parte con le mani e ottenere dei cilindretti da ripiegare leggermente a mezzaluna direttamente sulla carta da forno. Se preferite potete dare a questi salatini anche una forma tonda e appiattita.

Cuocere per 8 minuti. Aprire il forno e ribaltare ogni salatino. Cuocere altri 8 minuti. Spegnere il forno e aprire subito lo sportello.



Lasciarli raffreddare completamente prima di servire. Ottimi anche il giorno dopo se conservati avvolti in un telo.


Spinaci stufati con sesamo e yogurt (e un po’ di spezie)



Gli spinaci possono essere noiosi. Si impiega un sacco di tempo a lavarli - questo se, ovviamente, sono spinaci cresciuti nella terra e non in un vassoio per la coltivazione idroponica – e poi, una volta cotti, diminuiscono drasticamente di volume. Fanno tanto bene, come dicevano le nonne e come è dimostrato dalla scienza, ma hanno un sapore leggermente “ferroso” che non sempre è gradito... Insomma: son buoni, mi piacciono, fanno bene, ma li acquisto meno di quanto dovrei.  

L’altro giorno, invece, sono tornata a casa con quattro mazzi. Sono mazzi generosi, quelli del mio ortolano Flavio, quindi molto voluminosi. E freschissimi. Ho solo tagliato via le radici prima di slegare i mazzi (chiusi con la rafia, non con fili di plastica, incredibile...!), ma non ho eliminato i gambi; li ho lavati per bene con un po’ di bicarbonato e li ho sciacquati più volte.

A quel punto dovevo solo decidere come cucinarli. Al vapore e poi con le uova? Sbollentati e poi ripassati al burro con una spolverata di formaggio come da bambina? Ma no... con i cipollotti – anch’essi freschissimi – spezie e semini. Alla fine quattro mazzi di spinaci hanno risolto da soli il pranzo.



Per due persone:

4 mazzi di spinaci
4 cipollotti
2 cucchiai di semi di sesamo
1 cucchiaio di uva passa
1 cucchiaio di aceto bianco
2 cucchiaini da caffè di zucchero di canna
4 cucchiai di yogurt greco
olio extravergine di oliva
curcuma in polvere, zenzero in polvere, fieno greco in polvere, paprica dolce in polvere
sale, pepe bianco

Mettere in ammollo l’uva passa in poca acqua tiepida per circa 15 minuti.

Mondare e lavare gli spinaci. Mondare i cipollotti e tagliarli a fette sottili.

Tostare velocemente i semi di sesamo in una padella piccola e dal fondo spesso.

In una ciotola mescolare lo yogurt con un cucchiaio di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaino di zucchero di canna, un pizzico di sale e un po’ di pepe macinato al momento. Aggiungere le spezie in polvere secondo il proprio gusto e mescolare bene. La curcuma serve a dare un bel colore giallo alla salsina, quindi si può abbondare.

In una casseruola scaldare un paio di cucchiai d’olio e aggiungere i cipollotti. Rimestare per alcuni minuti, quindi aggiungere l’aceto e far stufare a fuoco bassissimo per circa 10 minuti. Aggiungere un cucchiaino di zucchero di canna e gli spinaci bagnati. Attendere che gli spinaci si “abbassino”, ovvero che il loro volume diminuisca drasticamente come dicevamo qui sopra, mescolare bene, quindi aggiungere i semi di sesamo e l’uva passa ben sciacquata. Portare a cottura gli spinaci chiudendo la casseruola con il coperchio.



Disporre le verdure stufate sui piatti e aggiungere un cucchiaio di salsa allo yogurt.

Servire accompagnando con un pane tipo pita, o, naturalmente, con una buona spianata sarda.



Ravioloni di patate e asparagi conditi con i piselli

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Il mio ortolano di fiducia, il quale è anche coltivatore diretto, mi sta proponendo da un paio di settimane degli asparagi coltivati da un collega che ha i campi confinanti con i suoi. Io amo moltissimo gli asparagi: quelli verdi, quelli rosa e quelli bianchi e mi piace ricercare e assaggiare le diverse varietà. Però qui sull’isola non è facile trovarle. Quindi, appena me l’ha detto, me li sono subito portati a casa. Devo ammettere che al primo assaggio non mi sono sembrati saporitissimi, pur avendo comunque un bel sentore fresco di primavera che si lascia apprezzare. 



Non sono insomma adatti per essere cucinati in semplicità con l’uovo al tegamino, ma come ripieno per dei ravioli vanno benissimo. Un ripieno che si ispira (molto liberamente) a quello dei culurgiones ogliastrini e che quindi prevede patate e formaggio.

Per la pasta (per 16 ravioloni):
100 g di semola rimacinata di grano duro
100 g di semola rimacinata di grano duro integrale
2 cucchiai d’olio extravergine di oliva
sale e acqua q.b.

Per il ripieno:

12 asparagi verdi coltivati di medie dimensioni
380 g circa di patate
1 spicchio d’aglio
20 g circa di pecorino grattugiato
olio extravergine di oliva
burro
sale

Per il condimento:

150 g di piselli freschi sgusciati
burro
olio extravergine di oliva
sale, pepe bianco
pecorino grattugiato
erba cipollina



Setacciare insieme i due tipi di semola e formare una fontana sulla spianatoia di legno. Aggiungere l’olio, un pizzico di sale e poca acqua. Cominciare a mescolare con una forchetta, poi aggiungere altra acqua (poca per volta) e lavorare con le mani fino a ottenere una pasta liscia ed elastica. Formare una palla e lasciar riposare sulla spianatoia stessa, sotto una ciotola.

Nel frattempo lavare bene le patate intere senza sbucciarle e farle lessare. Quando sono pronte sbucciarle e passarle con la schiacciapatate. Lasciar raffreddare completamente.

Mondare gli asparagi, tenere intatte le punte e ridurre i gambi a rondelle sottili. Tritare l’aglio. In una padella piuttosto piccola far scaldare una noce di burro e un cucchiaio d’olio, unire l’aglio e aggiungere gli asparagi. Far stufare aggiungendo acqua se occorre. Poi lasciar raffreddare.

Unire gli asparagi alle patate, aggiungere il pecorino grattugiato e, se occorre, regolare di sale.

Riprendere la pasta. Dividerla in quattro parti e lavorarne una per volta, lasciando le altre sotto la ciotola. Stendere la pasta con il matterello (o, se preferite, con la macchina tirasfoglia; io, quando si tratta di così poca pasta, preferisco fare tutto a mano) e ricavarne quattro quadrati di circa 10-11 centimetri di lato.

Disporre su ogni quadrato una pallina di ripieno di patate e asparagi, cercando di inserire in ogni raviolone una punta di asparago. Ripiegare la pasta a triangolo premendo bene affinché non si apra in cottura e per far uscire l’aria tra pasta e ripieno, quindi avvicinare i lembi unendoli al centro formando dei ravioloni.

Procedere così fino ad avere 16 ravioloni. I ritagli di pasta si possono tagliare in maniera irregolare e mettere a seccare su un vassoio cosparso di semola: saranno perfetti per il pranzo di domani con un sughetto al pomodoro!

Grattugiare ancora un po’ di pecorino per il condimento e tagliuzzare l’erba cipollina con una forbicina. Mescolare i due ingredienti e tenere da parte.

Sciogliere una noce di burro insieme a un cucchiaio d’olio in una piccola padella, gettarvi i piselli freschi e farli stufare aggiungendo acqua se e quando occorre. Alla fine regolare di sale e pepe bianco.



Lessare i ravioloni in acqua salata, scolarli, disporli nei piatti, condire con una cucchiaiata di piselli e una spolverata di pecorino ed erba cipollina.

Servire.


Risotto con crema di fave, radicchio e nocciole



A pranzo vorrei un risotto dei tuoi.
Se qualcuno fa una richiesta simile alle sette di mattina non puoi deluderlo. Giammai! Posso farcela! Tanto mi sono avanzate delle fave da ieri...

Per due persone:

150 g di riso Carnaroli (io ho usato il Carnarolis di Risoristano)
1 l di brodo vegetale (acqua, poco sale, sedano, carota, cipolla, pomodoro)
2 manciate di fave lessate
½ cespo di radicchio rosso
¼ di bicchiere di Vernaccia di Oristano
cipolla bionda
1 manciata di nocciole sgusciate e già tostate
pecorino di media stagionatura
burro
olio extravergine di oliva
sale



Riscaldare il brodo vegetale; se non ne avete di già pronto, preparatelo facendo sobbollire per circa mezz’ora sedano, carota, cipolla a pezzi e un paio di pomodorini in acqua leggermente salata e poi filtrate.

Tritare con la mezzaluna o un coltello pesante la cipolla.

Mondare il radicchio e tagliarlo a striscioline: non ne occorre molto, più che altro serve a dare colore al riso.

Frullare le fave (già mondate e lessate) con un poco di olio di oliva e un mestolino di brodo e tenere da parte. Io ho utilizzato delle fave già lessate il giorno prima e le ho usate con tutta la buccia. Non mi piace sprecare e, comunque, frullandole la buccia si amalgama perfettamente, ma, se vi dà particolarmente fastidio, potete imbarcarvi nell’impresa di sbucciarle una a una.

Ridurre il pecorino in pezzi piccolissimi; usandone un tipo poco stagionato non è possibile grattugiarlo.

Tritare le nocciole in modo irregolare con un coltello pesante.

In una casseruola per risotti dal fondo spesso far appassire la cipolla in olio e burro a fuoco molto dolce, mescolando continuamente.

Gettare il riso e, alzando la fiamma, farlo tostare per alcuni minuti. Bagnare con la Vernaccia (io ne ho usata una giovane, ma piuttosto aromatica; se non doveste trovarla, un altro buon vino bianco andrà bene) e lasciar sfumare.

Aggiungere il radicchio e mescolare, quindi ricoprire di brodo e cuocere lentamente mescolando e aggiungendo liquido quando occorre. Dopo circa dodici minuti, aggiungere la crema di fave e ancora brodo, quindi portare a termine la cottura mescolando. Salare solo leggerissimamente.

Allontanare il risotto dal fornello e aggiungere il formaggio e una noce di burro. Mescolare energicamente finché non sia tutto ben sciolto.
Scodellare nei piatti e aggiungere le nocciole tritate. Servire immediatamente. 



Riso Venere con verdure in agrodolce



Il riso nero, qualità Venere, mi piace molto, ma, devo confessare, lo uso poco più che altro per i tempi di cottura piuttosto lunghi. Questa volta mi sono presa il tempo e ho pianificato (cosa che faccio raramente in cucina), anche perché mi sono ritrovata con l’ultimissima verza rossa della stagione alla quale volevo dare una degna presentazione.

Complice una bella giornata di sole, ho accostato gli ingredienti in una preparazione che si può servire anche fredda per avere un piatto il più colorato possibile.



Per quattro persone

160 g di riso Venere integrale
2 finocchi grandi, circa 500 g
3 carote grandi, circa 250 g
mezza verza piccola, circa 250 g
1 bicchiere circa di aceto di vino bianco
½ limone
1 cucchiaio di miele non troppo aromatico (io ne ho usato uno di tarassaco, piuttosto delicato)
1 pezzetto di zenzero fresco
1 spicchio d’aglio
olio extravergine di oliva
sale grosso e fino

Portare a ebollizione abbondante acqua leggermente salata e avviare la cottura del riso Veneree integrale, che dovrà durare circa 45 minuti (meglio assaggiare, perché il tempo potrebbe variare a seconda della qualità e della provenienza del riso) e lasciarlo comunque al dente.

Nel frattempo mondare e lavare finocchi e carote. Tagliarli a pezzetti regolari e tenerli da parte.

Pulire la verza, tagliarla a striscioline, lavarla.

Portare a ebollizione acqua e 1/3 di bicchiere di aceto, più qualche grano di sale grosso in tre diverse piccole pentole e lessare le tre verdure separatamente fino a che non saranno “al dente”. La lessatura separata serve principalmente a preservarne il colore originale: la verza lessata con le altre verdure farebbe diventare tutto viola.

In una casseruola piuttosto grande far scaldare circa 5 cucchiai d’olio, il succo di mezzo limone, il miele, l’aglio e lo zenzero grattugiati finemente con una piccola grattugia molto fitta. Salare solo leggermente.

Mescolare finché il miele sia ben sciolto, quindi versare le verdure nella casseruola e mescolare ancora; dopo un paio di minuti aggiungere il riso ben scolato e continuare a cuocere per circa 5 minuti.

Si può servire immediatamente, aspettare che intiepidisca o anche proporla come insalata fredda.