Ravioli da scampagnata con fave e guanciale



Con questa ricetta l'Orata Spensierata partecipa a



La cui ambasciatrice è la simpatica collega


Silvia De Lucas Rivera Con il suo blog silviapasticci.it




Come ormai tutti saprete, il grande progetto del calendario è una idea di



e prevede di dedicare ogni giorno di questo 2016 a un piatto (o, come oggi, a un insieme di piatti e preparazioni) tipici e rappresentativi della cucina italiana.

Oggi è il 25 aprile ed è una festa, una festa che da settant’anni noi italiani passiamo in allegria, complice la primavera, facendo una gita fuori porta. Ma non dimentichiamo mai cosa rappresenta il 25 aprile 1945. Non dimentichiamo mai perché festeggiamo e grazie a chi possiamo farlo. Non dimentichiamo che ci sono stati i nostri padri, o nonni, che ci hanno permesso di essere qui oggi e di essere quello che siamo.  

Il mio contributo al cestino per la merenda sono questi ravioli. Di raviolo hanno solo il nome, perché in realtà si tratta di “cosette” piuttosto solide, da mangiare in due bocconi. Sono fatte di friabile pasta violata (semola e strutto e poca acqua) che qui in Sardegna si usa molto e molto trasversalmente. È infatti il guscio delle gustose panadas ripiene di verdure, di carne o di pesce; è la pasta che caratterizza le celebri seadas con formaggio e miele, ma è anche la base per numerosi e buonissimi dolci di carnevale. 

Il ripieno è di fave e piselli – altre verdure che caratterizzano la primavera isolana – e... di guanciale. Beh, sì, ho voluto aggiungere un po’ di gusto in più. Ma guanciale speciale: fatto in casa da un amico carissimo, che mi fa sempre immeritato oggetto delle sue attenzioni gastronomiche con questi favolosi regali.
 


Per venti ravioli da 8 centimetri

Per la pasta:
300 g di semola rimacinata di grano duro varietà Cappelli
60 g di strutto
erbe fresche (maggiorana, erba cipollina, prezzemolo)
sale e acqua q.b.

Per il ripieno:
150 g di piselli già sgranati
150 g di fave già sgranate
150 g di piattoni mondati
200 g di guanciale
½ cipolla bionda
olio extravergine di oliva
sale


Sminuzzare le erbe fresche con il coltello in modo grossolano. Setacciare la semola direttamente sulla spianatoia di legno; fare una fontana, aggiungere lo strutto e le erbe e cominciare a lavorare con la punta delle dita. Aggiungere un pizzico di sale e, subito dopo, poca acqua per volta impastando via via in modo da ottenere una massa liscia e omogenea. La pasta violata – ovvero fatta di semola e strutto – va lavorata energicamente e molto a lungo per aver un buon risultato ed evitare che si sbricioli in cottura. Quando sarà pronta, formare una palla e lasciarla riposare sulla spianatoia stessa, sotto una ciotola rovesciata.

Nel frattempo sminuzzare la cipolla e tagliare i piattoni in tocchetti. Scaldare un po’ di olio in un tegame piuttosto largo, aggiungere la cipolla, lasciarla appassire a fuoco dolce per un paio di minuti, quindi unire piselli, fave e piattoni. Mescolare per qualche minuto, quindi aggiungere un po’ di acqua e lasciar stufare a fuoco dolce e tegame coperto. Allontanare le verdure dal fuoco quando sono morbide, ma non disfatte, e l’acqua è completamente consumata. Lasciar raffreddare.

Intanto tagliare il guanciale in dadini piuttosto piccoli. Gettarli in un tegamino già caldo e rosolarli smuovendoli continuamente fino a che saranno croccanti. Lasciar raffreddare.

Riprendere le verdure e versarne circa la metà nel vaso del mixer; azionarlo a scatti per ottenere un composto piuttosto grossolano. Versare sia le verdure intere, sia quelle tritate, sia il guanciale con il suo grasso sciolto in una ciotola e mescolare bene. Il ripieno è pronto.

Tornare alla spianatoia, dividere la massa di pasta in quattro parti e lavorarne una sola per volta, lasciando le altre sotto la ciotola. Con il matterello ricavare delle sfoglie piuttosto sottili dalle quali ritagliare delle forme tonde di circa 8 centimetri di diametro. Disporre sulla metà dei tondi dei mucchietti di ripieno; sovrapporre gli altri e formare dei ravioli. Poiché i ravioli devono chiudersi perfettamente, è meglio bagnarsi leggermente le dita e ripassare più volte sui margini schiacciando bene.



Nel frattempo accendere il forno e portarlo a 200°. Sistemare i ravioli sulla placca del forno rivestita di cartaforno, infornare e cuocere sul ripiano centrale per 10 minuti. Estrarre la teglia, rivoltare i ravioli e cuocere altri 5 minuti a 150°.

Estrarre i ravioli e lasciarli raffreddare su una griglia. Per servirli si possono avvolgere uno per uno in carta “da pane” e renderli perfetti per la scampagnata.

 


Risotto con fave, asparagi e petto d'oca affumicato



Da un po’ di anni, quando sono alle prese con i risotti, non posso fare a meno di “mescolare”.

Mi spiego: io sono milanese e quindi con il risotto ci sono nata e cresciuta. Da quasi dieci anni vivo in Sardegna, dove, secondo me (non me ne vogliano gli amici lombardi e piemontesi) si produce il miglior riso d’Italia. È più buono, non c’è nulla da fare... si sentono l’aria, il mare, il sole.

Da quando ho scoperto questa semplice verità, ho cominciato a inventare risotti mescolando ingredienti della tradizione del nord Italia con quelli tipici dell’isola.

Anche nella ricetta di oggi ci sono le fave – legume tipicamente mediterraneo – felicemente sposate al petto d’oca affumicato che si produce “dalle mie parti”, in Lombardia, dove la tradizione dell’allevamento delle oche e del consumo delle loro carni è ben consolidata. Nella mia famiglia, per esempio, Natale non è Natale se non si porta in tavola una bella oca arrosto...



Per due persone:

140 g di riso sardo varietà Carnaroli
1 l di brodo vegetale (acqua + sedano, carota, cipolla, pomodoro e poco sale)
1/4 di cipolla bionda
fave
4 asparagi
petto d’oca affumicato
olio extravergine di oliva
burro

Preparare il brodo vegetale e filtrarlo, oppure riscaldare quello già pronto.

Sgusciare e mondare le fave – non ho indicato la quantità perché ognuno può regolarsi secondo il proprio gusto – e sbollentarle in acqua leggerissimamente salata e, se la buccia dà particolarmente fastidio, eliminarla. Io l’ho lasciata.

Mondare gli asparagi eliminando la parte di gambo troppo dura; tagliare il resto a rondelle e mantenere intatte le punte.

Ridurre il petto d’oca affumicato a dadini (anche in questo caso non ho indicato la quantità: regolatevi a piacere, tenendo presente che è un ingrediente molto, molto saporito).

Tritare la cipolla con un coltello pesante.

In una casseruola adatta ai risotti versare un po’ di olio e aggiungere un pezzetto di burro. Gettarvi la cipolla tritata e far appassire a fuoco dolcissimo. Aggiungere il riso, aumentare l’intensità della fiamma e farlo tostare per qualche minuto mescolando continuamente.

Aggiungere le fave e gli asparagi e coprire di brodo bollente. Procedere poi alla cottura a fuoco dolce per 15 – 18 minuti mescolando e bagnando via via con il brodo.

Nel frattempo rosolare i dadini di petto d’oca affumicato in una padellina dal fondo spesso. Aggiungere, se possibile, anche un pezzetto di grasso, in modo che rimangano morbidi. Il grasso si deve sciogliere completamente.



Quando il riso sarà cotto aggiungere i dadini di petto d’oca e tutto il grasso. Allontanare dal fuoco, aggiungere una piccola noce di burro e mescolare. Assaggiare e regolare – se necessario – di sale.

Servire immediatamente.



Cicoria e alici: perché non farne una minestra?



L’accoppiata puntarelle e alici è un classico. Visto che le puntarelle sono una varietà di cicoria, va da sé che con le alici ci vadano d’accordo anche le altre cicorie. 

Partendo da qui si può arrivare lontano. Anche a mettere in tavola una specie di minestra con la pasta. Se poi la pasta è artigianale meglio ancora. 

Io ne ho utilizzata una  - molto simile alle trofie - proveniente da Carloforte, unico comune di San Pietro, splendida piccola isola sarda che conserva, per ragioni storiche piuttosto complesse, una serie di tradizioni mutuate dalla Liguria, terra di origine di gran parte dei suoi abitanti.

Per quattro persone

½ cespo di cicoria (regolatevi a seconda della grandezza)
200 g di pasta corta, fresca
4 dl di brodo vegetale
8 alici conservate sott’olio
2 spicchi d’aglio
4 pomodori secchi sotto sale
8 pomodorini freschi
circa 400 g di passata di pomodoro
olio extravergine di oliva
peperoncino in polvere



Mondare la cicoria, lavarla bene, sminuzzarla e conservarla in una ciotola con acqua fredda.

Tritare al coltello sia l’aglio, sia i pomodori secchi; tagliare a piccoli pezzi anche i pomodori freschi privandoli, se si preferisce, dei semi.

Gettare l’aglio in una casseruola con olio extravergine di oliva. Aggiungere subito le alici e mescolare per sminuzzarle e amalgamarle all’aglio. Unire a questo punto i pomodori secchi e, subito dopo, le puntarelle.

Nel frattempo riscaldare il brodo vegetale.

Mescolare per qualche minuto, finché la verdura non è appassita, quindi unire la passata di pomodoro e lasciar cuocere a fuoco dolcissimo, aggiungendo qualche cucchiaio di brodo vegetale di tanto in tanto.

Lessare la pasta in abbondante acqua salata; scolarle decisamente al dente e unirle al sugo di pomodoro e puntarelle. Aggiungere solo in questo momento i pomodori freschi e, se occorre, un mestolino di brodo per portare a cottura la pasta.

Al momento di servire aggiungere un pizzico di peperoncino in polvere.



Crema di asparagi e nocciole al profumo di menta per condire per la pasta

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Tempo di asparagi selvatici. Anche senza uscire dal centro storico qui da noi è facilissimo trovarli. E non solo nelle botteghe degli ortolani, ma anche agli angoli di strada, da venditori improvvisati: nessuna spietata concorrenza, ma puro e semplice “commercio alternativo”. Con pochi spiccioli ci si porta a casa un bel mazzetto legato con le foglie di asfodelo e, diciamolo, si riesce anche a dare un piccolo aiuto a persone che, per mille ragioni, non hanno altra possibilità di sbarcare il lunario. 



Così ho fatto io l’altra mattina e, tornando a casa, pensavo a come utilizzare il mio mazzetto per condire la pasta prevista per pranzo in un modo che fosse originale. Fatto un rapido giro di ricognizione tra dispensa e frigorifero il risultato è stata questa crema di asparagi e nocciole al profumo di menta.

Per quattro persone

280 g di pasta tipo penne
150 g di asparagi selvatici (già puliti)
50 g di nocciole tostate
50 g di pecorino non troppo stagionato
2 spicchi d’aglio
1 cucchiaio di yogurt greco
10 foglie di menta
olio extravergine di oliva
sale e pepe bianco



Tagliare a pezzetti gli asparagi e sbucciare gli spicchi d’aglio. Cuocerli in acqua bollente non salata fino a che saranno morbidi.

Tritare grossolanamente le nocciole e tenere da parte.

Grattugiare il formaggio e tenere da parte.

Mentre la pasta cuoce in abbondante acqua salata, riunire nel vaso del mixer gli asparagi e l’aglio cotti, le nocciole, il formaggio, la menta, lo yogurt, un pizzico di sale e un poco di pepe bianco macinato al momento.

Unire un mestolino di acqua di cottura della pasta, condire con un filo d'olio e azionare a scatti fino a ottenere un composto uniforme, ma non troppo liscio.

Versare il condimento in una zuppiera o ciotola di servizio, scolare la pasta, gettarla nella zuppiera e mescolare bene. Servire immediatamente.



Spaghetti alla chitarra con lo zafferano conditi con carciofi, ricotta e noci



La mia passione per gli spaghetti è nota, così come quella per la chitarra (intesa come strumento per produrre gli spaghetti). Setacciare la semola e mettersi a impastare è quindi sempre un gran piacere.

Questa volta ho aggiunto all’impasto un po’ di zafferano che, però, non viene dallo splendido altipiano di Navelli a far compagnia a questo formato di pasta così tipicamente abruzzese, ma è Zafferano di Sardegna DOP prodotto nei territori dei Comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca, in provincia del Medio Campidano.

Anche i carciofi usati per condire la pasta sono tipicamente sardi, della varietà Carciofo Spinoso di Sardegna, che, a loro volta, si possono fregiare della DOP e che, diciamocelo, sono buonissimi. Sono anche gli ultimi della stagione e quindi sono piccolini; quindi, tenendo conto dell’inevitabile scarto, per questa ricetta se ne devono usare quattro.

La ricotta poi è quella di pecora, che in questo periodo è al massimo della bontà e della disponibilità, dopo l’inverno e prima dell’eccessivo calore dell’estate, che farà calare la produzione di latte. Per questa ricetta ho usato quella di Ortacesus (Cagliari), particolarmente saporita e compatta e che, ora che ci penso, è l’ideale per il ripieno dei ravioli... devo farli nei prossimi giorni!



Per due persone:

200 g di semola rimacinata di grano duro Cappelli
1 bustina di zafferano in polvere
acqua e sale q.b.

4 carciofi
1/ cipolla bionda
200 g di ricotta fresca di pecora
6 noci circa

sale, pepe, olio extravergine di oliva

Sciogliere bene lo zafferano in polvere in pochissima acqua tiepida.
Stacciare la semola sulla spianatoia di legno; disporla a fontana, aggiungere un pizzico di sale e mezzo cucchiaio d’olio. Poi unire l’acqua con lo zafferano. Cominciare ad amalgamare con una forchetta, quindi aggiungere altra acqua e impastare con le mani. Ricavare un impasto molto liscio ed elastico. Farne una palla e lasciarla riposare sulla spianatoia stessa sotto una ciotola rovesciata.    
Nel frattempo mondare i carciofi e tagliarli a listarelle. Immergerli man mano in acqua con un po’ di aceto o succo di limone. Affettare sottile anche la cipolla.

In un tegame ampio scaldare un po’ di olio, unire la cipolla, farla appassire e poi aggiungere i carciofi ben lavati e grondanti acqua. Far stufare, aggiungendo acqua solo se serve, fino a che i carciofi non saranno completamente cotti. Aggiustare di sale e tenere da parte.

Setacciare la ricotta direttamente nella zuppiera o ciotola di servizio. Aggiungere un paio di cucchiai d’olio, un po’ di sale e pepe bianco appena macinato.

Sgusciare le noci e tritare i gherigli con un coltello pesante.

Riprendere la pasta, dividerla in 8 parti e lavorare una parte per volta conservando le altre sotto la ciotola. Stendere la pasta con il matterello in una sfoglia non troppo sottile, dalla forma il più possibile regolare. Ricavare degli spaghetti piccoli e non tanto lunghi, utilizzando la chitarra dal lato dove le corde di acciaio sono più strette. Man mano che gli spaghetti sono pronti disporli su un tagliere cospargendoli leggermente di semola ed evitando che si sovrappongano troppo.




Portare a bollore abbondante acqua salata e, nel frattempo, riaccendere il fuoco sotto i carciofi. Unire un paio di cucchiai di acqua di cottura della pasta alla ricotta setacciata e mescolare bene.

Lessare la pasta per non più di tre minuti, quindi scolarla sommariamente e gettarla nella padella con i carciofi. Mantecare.

Versare quindi il tutto nella ciotola con la ricotta, aggiungere le noci, mescolare bene e servire immediatamente.