Dolcetti cioccolato e pere

 
Non è sceso su di me alcun spirito buono che mi faccia apprezzare queste giornate che mi vedono costretta in una Milano buia, grigia, umida e… con un “odore metropolitano” - al quale evidentemente non son più abituata - non proprio piacevole.

Però Natale è Natale, che io lo voglia o meno. Tanto vale accendere le lucine dell’albero e infornare qualcosa che riempia almeno la casa di un buon profumo di dolce.

Quindi mi sono avventurata nel negozio di quartiere che frequento quando mi trovo nella metropoli e ho comprato farina di grano khorasan (commercialmente Kamut) e dell’ottimo cioccolato artigianale veduti rigorosamente sfusi, poi del burro e della panna di una piccola latteria del lecchese; uova brianzole e pere della zona di Mantova.

Ne ho fatto dei “muffin cioccolato e pere” morbidissimi elaborando una ricetta personale, dopo averne lette diverse sui libri e nella rete. Non dico che mi hanno proprio proprio riconciliato con la giornata, ma quasi.



200 g di farina
200 g di pere mature tipo decana
180 g di zucchero di canna
120 g di burro fresco
100 g di cioccolato fondente
50 g di panna fresca
1 uovo
10 g di lievito per dolci
1 pizzico di sale

Imburrare e infarinare uno stampo per muffin con 12 alloggiamenti e accendere il forno per portarlo (in modalità statica) a 190°.

Spezzettare il cioccolato servendosi di un coltello pesante.

Sbucciare e mondare le pere e frullarle velocemente insieme alla panna.

In una ciotola capiente, solo parzialmente immersa nell’acqua di un bagnomaria bollente, far sciogliere il cioccolato insieme al burro.

Mentre il cioccolato si scioglie, montare con una frusta l’uovo intero con lo zucchero e un pizzico di sale fino a ottenere un composto soffice e chiaro.

Quando il cioccolato e il burro saranno perfettamente sciolti, allontanare la ciotola dal bagnomaria e mescolare per qualche minuto con una spatola in modo che si raffreddi un po’.

Unire l’uovo con lo zucchero e amalgamare bene, poi unire il frullato di pere e panna.

Infine unire anche la farina - già mescolata con il lievito - setacciandola accuratamente.

Mettere un cucchiaio abbondante di composto in ogni alloggiamento della teglia per muffin e infornare. Cuocere per 15 minuti a 190°. Abbassare la temperatura a 160° e cuocere altri 5 minuti.

Controllare la cottura dei dolcetti con uno stecchino aprendo il forno il meno possibile. Se lo stecchino – come dovrebbe – uscirà asciutto, spegnere il forno, aprirlo solo parzialmente e attendere altri 10 minuti. Togliere i muffin e, dopo alcuni minuti, sformarli e farli raffreddare su una griglia.

Si possono servire con della panna montata o, volendo esagerare, con un cucchiaio di crema al mascarpone, che a Natale non manca mai… 



2009 - 2015: sei anni nella rete






Sesto compleanno

(per 1 persona e 1 pesce)

Oltre trecentocinquanta ricette (che possono accontentare ogni regime alimentare); una manciata di articoli sulla biodiversità di questo luogo che mi ha visto nascere; un pizzico di racconti ispirati al cibo, fotografie da aggiungere a pioggia. Per completare: iscrizione all'AIFB.

La ricetta funziona solo se si ha l'accortezza di usare alcuni strumenti fondamentali: coerenza, impegno quotidiano, desiderio di migliorare, passione, studio continuo, gusto per il bello e per il buono, aggiornamento, ricerca sul campo.

I risultati possono non essere immediatamente soddisfacenti; l'importante però è provare e riprovare perché con la pratica ogni ricetta riesce sempre meglio e, soprattutto, cercare un confronto costruttivo e non inutilmente competitivo cercando di imparare da chi ha maggiore esperienza.

Una volta giunti al sesto compleanno sani e salvi, sfornare la torta di cioccolato preferita e servirla agli amici.





 






Il percorso inverso: ovvero muggine di Cabras affumicato con mousse di castagne su sfoglie di grano duro e galatina di Malvasia di Bosa



La storia di questo piatto è tutta da raccontare.

Ho un amico che ha un’amica, Anna, che ha un’azienda vitivinicola in Piemonte. Questa amica si serve della professionalità di un enologo, che si chiama Giovanni Bailo. Io Giovanni non l’ho mai incontrato, né ho mai incontrato Anna. Però, come a volte capita – non spesso, ma ogni tanto sì – sono bastate una telefonata e due email per capire che si poteva andare d’accordo. Gentilezza, comunicatività, idee interessanti: merce rara.

Bene. Giovanni mi spiega che è rimasto impressionato da un vino sardo assaggiato durante una fiera e, da allora, ha pensato e ripensato che sarebbe stato bello pubblicare una recensione di questo vino senza usare solo termini tecnici, schede e parametri precostituiti, ma anche abbinandolo a un piatto.

Si è messo quindi in cerca di un/una foodblogger che si prestasse al gioco di inventare un piatto per un vino. Non che abbinasse il vino a un piatto, ma che pensasse proprio a qualcosa che fosse “fatto apposta” per essere gustato con quel vino. Ha chiesto in giro, ha preso contatti e poi (e qui torniamo al gioco ho un amico, che ha un’amica...) ha trovato me. 

Il vino in questione è una Malvasia di Bosa; in particolare la Malvasia di Bosa Dolce Naturale Doc che si chiama Salto di Coloras e che è prodotta dalla Cantina Angelo Angioi in agro di Tresnuraghes, delizioso paese in provincia di Oristano, nella regione storica della Planargia.



Ed è stato un po’ come se Giovanni mi avesse invitato a nozze: sulle Malvasie ci ho studiato, conosco bene la zona dove si produce la Malvasia di Bosa, ho amici carissimi che abitano proprio lì e adoro quei vigneti che si affacciano sul mare. Potete immaginare il mio entusiasmo!

Mi sono precipitata ad assaggiare questa Salto di Coloras per “capirla bene” (già sapevo che sarebbe stata buonissima) e decidere come costruire il mio piatto. Al primo sorso il richiamo al Sauternes è stato inevitabile e quindi ho subito pensato che, per analogia con il celebre vino francese che si abbina con formaggi e fois gras, volevo assolutamente sperimentarla con qualcosa di molto saporito, certamente salato.

Al secondo sorso mi sono resa conto che questo vino è assai più di e assai altro da un Sauternes. Non sono un’esperta e ciò che sento io è il sole dell’isola che si riverbera chiaramente nel sapore e l’aria di Mediterraneo che riempie lo spazio nel bicchiere.

Al terzo sorso (reggo bene l’alcol, quindi garantisco sulla mia lucidità) la mia mente stava già cercando di costruire un piatto che potesse contenere diversi sapori – tutti molto “sardi” – che ricordassero il mare, ma anche le montagne che caratterizzano l’isola, passando per la pianura.

Mare: muggine affumicato. Il muggine affumicato si produce a Cabras (Oristano) dove questi grossi pesci vengono imprigionati e catturati nelle peschiere dove l’acqua è salmastra. I muggini sono lavorati a Cabras praticamente da sempre, fin dall’epoca fenicia e romana: se ne ricava l’ottima bottarga, sono protagonisti di piatti tradizionali in compagnia delle erbe palustri, si arrostiscono e... si affumicano.

Montagna: castagne. L’accostamento a qualcosa di dolce che richiamasse la dolcezza del vino era obbligatorio. Vista la stagione, la mia scelta è caduta sulle castagne, che qui in Sardegna, come quasi tutto quello che la terra offre spontaneamente, hanno una dolcezza davvero speciale.

Pianura: grano duro. Mancava infine il tocco croccante e quindi ho pensato di sfornare qualcosa di molto simile a un cracker, un salatino, una sfoglia insomma... fatto con semola di grano duro e strutto. Ingredienti, questi due, che, con solo un po’ di acqua pura, danno vita a un ventaglio ampio e vario di preparazioni tradizionali sarde: dalle seadas (forse il più riuscito matrimonio di dolce e salato), alle panadas, dalle formaggelle alle tiricche.

Ultima – ma non ultima! – componente del piatto sarebbe stata una gelatina della medesima Malvasia. L’omaggio, se vogliamo, alle splendide colline sarde dove prosperano le viti baciate dal sole.

Per tutte le informazioni su il Salto di Coloras e sulla sua analisi sensoriale, gustativa, visiva e per le considerazioni derivanti dalla degustazione, lascio il campo all’enologo Giovanni Bailo. Potrete trovare la sua analisi e il suo parere in questo video, girato dall’operatore Mario Bassano, in cui appare con l’amico e collega Alberto Mallarino  



E, dopo questo lunga introduzione, ecco la ricetta.

Avvertenza: le dosi indicate saranno più che sufficienti a comporre almeno quattro piatti. Anzi, certamente le sfoglie di grano duro avanzeranno, ma vi assicuro che lavorare meno di 300 g di semola è più difficile che lavorarne più di 3000. Quelle che avanzano saranno ottime con un buon formaggio, o con la marmellata l’indomani mattina.

Stessa cosa vale per la gelatina di vino: dosare zucchero e pectina per meno di mezzo litro di liquido è difficile e i risultati potrebbero essere infelici. Vi assicuro che, quando la assaggerete, saprete benissimo come utilizzare quella avanzata... sì, anche mangiarsela sola sola con il cucchiaino!

Per la crema di castagne

500 g di castagne intere
1 l di acqua
100 g di panna fresca
una ventina di semi di finocchio
1 cucchiaio da tè di sale grosso
1 cucchiaio da tè di zucchero
1 pizzico di sale fino

Per le sfoglie di grano duro

300 g di semola di grano duro varietà Cappelli
50 g di strutto
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di zucchero di canna
acqua tiepida q.b.
1 uovo

Per la gelatina di Malvasia

½ l di Malvasia di Bosa Dop
150 g di zucchero di canna
20 g di pectina di frutta (possibilmente di origine biologica)

Muggine di Cabras affumicato a piacere




La prima tappa da affrontare per la preparazione di questo piatto è preparare la gelatina di vino. Il procedimento è semplicissimo, ma ottenerla richiede tempo.

Mescolare lo zucchero con la pectina direttamente in un pentolino dal fondo spesso. Unire pian piano il vino mescolando e facendo il modo che zucchero e pectina si sciolgano. Mettere sul fuoco e, a fiamma molto dolce, cuocere mescolando continuamente per circa 10 minuti dalla comparsa del primo bollore.

Versare delicatamente la gelatina in una teglia da forno di forma quadrata o rettangolare non troppo grande (io ne ho usata una quadrata di 20 cm di lato); mettere da parte senza agitare la (futura) gelatina, quindi lasciar raffreddare completamente. A quel punto trasferire la teglia in frigorifero.

La seconda cosa da fare è la pasta per le sfoglie.
Riscaldare un po’ di acqua in un pentolino e tenerla a portata di mano.
Setacciare la semola direttamente sul piano di lavoro, unire lo strutto e cominciare a lavorare con la punta delle dita. Unire pian piano anche l’acqua e procedere formando la pasta. Perché sia perfettamente liscia ci vorranno almeno 20 minuti; aggiungere acqua se serve. A quel punto formare una palla, avvolgerla in pellicola per alimenti e lasciarla riposare a temperatura ambiente per circa 1 ora.


Mentre la pasta riposa dedicarsi alle castagne. Prima di utilizzarle controllare bene che non siano ammaccate in modo sospetto, bagnate o, peggio, siano... abitate. Una volta certi di averne selezionate mezzo chilo, lavarle e immergerle nell’acqua con il sale grosso e i semi di finocchio. Cuocere a pentola chiusa per circa 40 minuti. Attendere che si siano raffreddate abbastanza per maneggiarle, quindi togliere la buccia e la pellicina interna molto accuratamente, servendosi di un piccolo coltello appuntito e affilato. Lasciarle raffreddare completamente.



Riprendere la pasta, dividere il panetto in 4 parti e cominciare a stendere la sfoglia prima con qualche colpo di matterello e poi con la macchina tirasfoglia. Non serve renderla molto sottile. Ritagliare poi alcuni rettangoli, alcuni rombi e alcuni nastri.

Accendere il forno e portarlo a 200°.

Stendere tutte le forme ritagliate su più placche da forno, spennellarle molto leggermente con un uovo battuto e cuocere per circa 10 minuti, controllando a vista che la pasta non si colori troppo in fretta.

Estrarre le sfoglie dal forno e lasciarle raffreddare completamente.

Riprendere le castagne. Sminuzzarle e sistemarle in un pentolino, quindi ricoprirle a filo con latte fresco. Aggiungere lo zucchero e cuocere a fuoco dolcissimo per circa 15 minuti, o fino a che non avranno assorbito completamente il latte. Far raffreddare completamente.

Nel frattempo affettare il muggine affumicato. Ricavare fettine sottili e regolari.

Prendere anche la gelatina dal frigorifero e, con uno strumento di plastica per non rovinare la teglia, tagliarla a cubetti.

Quando le castagne saranno ben fredde, passarle al frullatore o al passaverdure. Montare la panna ben ferma con un pizzico di sale. Unire la purea di castagne e la panna, mescolare bene con delicatezza, quindi trasferire il composto in un sac a poche.

Comporre il piatto.

Posizionare una sfoglia di grano duro da un lato, ricoprirla con la mousse di castagne facendola sprizzare dal sac a poche, quindi sistemare un altro paio di sfoglie.



Disporre un numero a piacere di fettine di muggine affumicato in modo armonico e completare con i dadini di gelatina di Malvasia.


E qui finisce il mio compito. L’amico Giovanni, con Alberto e Mario nel frattempo si sono dati da fare lassù in Piemonte e hanno riprodotto il mio piatto. Ammettono la pigrizia di non aver prodotto in casa le sfoglie di grano duro, ma li perdono più che volentieri anche perché hanno utilizzato un prodotto da forno pronto che ben conosco e che anche io trovo buonissimo! Inoltre sono felice di aver fatto scoprire loro il muggine di Cabras, che non avevano mai gustato nella versione affumicata.Come per la degustazione del vino ne hanno fatto un simpaticissimo video e sono visibili a questo indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=wR513eJKsu0

Ovviamente mi hanno anche fatto un sacco di complimenti immeritati. Io mi sono solo divertita a cucinare (e a bere); la fantasia è una dote naturale che non fatico a utilizzare e quindi... beh, insomma, arrossisco anche a distanza. Grazie a tutti! Grazie della cosa bella che abbiamo fatto.




Risotto viola con verza (cavolo cappuccio, lo so...) e castagne



La verza viola, o, meglio, il cavolo cappuccio viola mi piace tantissimo. Prima che al gusto mi piace alla vista, per il suo colore semplicemente fantastico. E poi, naturalmente, è una verdura invernale che “fa bene”, piena di sali minerali e carica di proprietà depurative com’è. 


Ottima cruda in insalata, si può cucinare in molti modi; stufata in agrodolce è buonissima, ma anche nel risotto ha fatto la sua parte colorandolo con una sfumatura di viola molto attraente. In questo caso l’ho abbinata con le castagne, altro frutto dell’autunno/inverno che mi piace moltissimo e che trovo molto versatile: dalle mousse con il cioccolato alle zuppe, regala sempre una sfumatura di sapore riconoscibile, ma non invadente.



Per 4 persone:

200 g di riso per risotti (io ho usato riso sardo: il Carnarolis di Risoristano)
200 g di verza viola
200 g di castagne
1 l di brodo vegetale (o semplice acqua)
100 g di pecorino semistagionato
50 g di porro
2 noci di burro
4 cucchiai d’olio
4 cucchiai di vino bianco secco
sale, pepe bianco
semi di finocchio

Per prima cosa lessare le castagne. Io ne ho fatto cuocere un paio di chili, giusto per avere una “piccola scorta” da utilizzare nei prossimi giorni per altre ricette. Comunque... praticare un piccolissimo taglio sulla parte panciuta di ogni castagna, quindi lessare in abbondante acqua leggermente salata con l’aggiunta di un cucchiaio da tè di semi di finocchio. Dovrebbero servire dai 30 ai 40 minuti a seconda della qualità e delle dimensioni. Scolarle, lasciarle raffreddare solo in parte, quindi, appena si possono maneggiare senza scottarsi, procedere a sbucciarle e privarle delle pellicine utilizzando un coltellino piccolo, molto appuntito e ben affilato. Sminuzzare la polpa con un coltello pesante e tenere da parte.

Mondare e tagliare la verza molto sottile; poi, sempre con un coltello, tritare grossolanamente il tutto e tenere da parte.

Grattugiare il formaggio e tenerlo da parte.

Scaldare il brodo o, se preferite, anche della semplice acqua, poiché è un risotto con ingredienti già piuttosto saporiti.

Affettare il porro sottilissimamente.

In una pentola dal fondo pesante sciogliere una noce di burro, aggiungere tutto l’olio e unire il porro. Lasciarlo appassire a fuoco dolcissimo, quindi salare leggermente. Gettare il riso e mescolare per alcuni minuti a fuoco vivace per farlo tostare, quindi bagnare con il vino, attendere che sia evaporato e unire la verza. Mescolare e ricoprire di brodo.

Procedere con la cottura per 10 minuti mescolando e aggiungendo poco brodo per volta.

A questo punto aggiungere le castagne e terminare la cottura mescolando per circa 8 minuti e aggiungendo brodo solo se occorre.

Allontanare la pentola dal fuoco, unire al risotto la seconda noce di burro e il formaggio. Mescolare fino a che il burro non sia completamente sciolto. Assaggiare e regolare di sale. Completare con un po’ di pepe bianco macinato al momento.

Servire subito.



Un sabato pomeriggio di biscottini, chiacchiere, salatini e tessuti pregiati



Cristina (amica e “complice” in questo genere di avventure nonché generosissima padrona di casa) e io lo scorso sabato abbiamo organizzato la presentazione in città del lavoro di una bravissima tessitrice.

In ogni regione d’Italia fino a non molti decenni fa si tessevano tovaglie, lenzuola, tappeti e altra biancheria per la casa su telai azionati solo dalla forza delle braccia e della gambe (per tacer dello sforzo cui erano sottoposti gli occhi e le dita). Il lavoro era quasi sempre affidato alle donne e, alla produzione di oggetti di uso quotidiano, si affiancava quella della biancheria da corredo, impreziosita da ricami e inserti che a pieno titolo si possono considerare “arte”.

Oggi sono pochi i luoghi dove si conservano queste abilità e si tramandano queste tecniche. La Sardegna è forse una felice eccezione: qui la tessitura a mano è tenuta ancora in grandissima considerazione; in molti piccoli centri dell’isola si trasmettono le conoscenze e gli strumenti che la tengono viva di generazione in generazione. Le tecniche specifiche, così come i materiali (lana, lino e cotone) sono diverse da paese a paese; i disegni e i simboli sono ancora pieni di significato e spesso affondano le radici in tempi antichissimi.

Consiglio vivamente a chiunque venga sull’isola di mettere in agenda la visita a qualche laboratorio artigiano e di non perdere assolutamente il Murats (Museo Unicodell’Arte Tessile Sarda), che si trova a Samugheo, in provincia di Oristano. Qui, affidandosi a delle bravissime guide, si possono scoprire tante cose interessanti sulla tessitura, sui materiali, sui metodi e sui simboli.

E proprio da Samugheo viene Elena, tessitrice e cara amica, che ha portato un po’ della sua arte da noi. La giornata si è rivelata come la prima di un autunno che non si era ancora deciso a cominciare... e quindi pioveva, c’era vento e la temperatura era in picchiata: tutto come da previsioni meteo, una volta tanto.





Il minimo che potessi fare era rifocillare chi si è unito a noi con biscottini e salatini. Vi metto qui di seguito le ricette per le quali ho trovato spunto in rete, ma che ho un po' personalizzato. Sono tre, ma non spaventatevi: se vi organizzate bene e provvedete a preparare tutti gli ingredienti in modo da averli a portata di mano evitando così i "tempi morti", vi assicuro che sarà tutto pronto in circa due ore.

1. Biscottini alle mandorle e pistacchi.

Per 40 biscotti



300 g di farina di mandorle
300 g di zucchero bianco semolato*
3 albumi
30 g di curcuma in polvere
acqua di fiori d’arancio
40 pistacchi al naturale

Scaldare il forno e portarlo a 200° (modalità ventilato). Rivestire da carta da forno la placca e una seconda placca o tortiera dai bordi bassi.

Setacciare la farina di mandorle (se avete un macinino molto potente fatevela da soli con le mandorle intere e spellate) insieme allo zucchero.

Sbattere gli albumi con una forchetta (conservare i tuorli per altre preparazioni) e aggiungere la curcuma. Mescolare bene in modo che si sciolga perfettamente.

Unire gli albumi al mix di mandorle e zucchero e lavorare con una spatola per amalgamare bene.

Prelevare di volta in volta una piccola quantità di impasto con un cucchiaino da tè e con un secondo cucchiaino formare delle quenelle (gnocchetti ovali... qualcosa di simile a un pallone da rugby) e sistemarle sulla placca del forno a una certa distanza l’una dall’altra. Esaurire tutto l’impasto.

Diluire una decina di gocce di acqua di fiori d’arancio in una piccola ciotola piena d’acqua, bagnarsi man mano la punta delle dita e lisciare delicatamente la superficie di ogni “gnocchetto” appiattendolo un po’. Infine sistemare un pistacchio su ogni biscotto premendo delicatamente.

Cuocere a 200° per non più di 8 minuti. I biscotti si coloriranno solo un po’. Estrarli dal forno, attendere alcuni minuti, poi trasferirli a raffreddare su una griglia aiutandosi con una piccola spatola. Devono rimanere morbidi. Si conservano in una scatola ermetica per qualche giorno.

*per un risultato più fine si può utilizzare dello zucchero a velo

2. Biscottini all’olio d’oliva e cioccolato

Per circa 45 biscotti



200 g di farina di grano khorasan (commercialmente Kamut)
70 g di olio extravergine di oliva
1 tuorlo
1 cucchiaio di latte
½ baccello di vaniglia
1 cucchiaino da caffè di lievito per dolci
1 pizzico di sale
+
15 g di olio extravergine di oliva
80 g di cioccolato da copertura

Accendere il forno e portarlo a 200° (modalità ventilato). Rivestire la placca con carta da forno.

In una ciotola setacciare la farina insieme al lievito in polvere.

In una scodellina mescolare bene l’olio, il tuorlo (recuperato dalla precedente ricetta), il latte, il pizzico di sale e il contenuto di mezzo baccello di vaniglia prelevato con un coltellino.

Versare gli ingredienti liquidi nella farina e mescolare dapprima con una forchetta, poi impastare con le mani. Ricavare tante piccole palline e sistemarle sulla placca a una certa distanza l’una dall’altra.

Quando saranno tutte pronte praticare un piccolo incavo in ognuna con il pollice schiacciandole leggermente (nell’incavo andrà versato il cioccolato fuso).

Cuocere per 18 minuti. I biscotti non si coloriranno troppo.

Estrarre la placca dal forno e sistemarla in un punto fresco della cucina, senza spostare i biscotti. 

In un pentolino sciogliere il cioccolato con l’olio mescolando con una piccola spatola. Appena fuso utilizzare un cucchiaino da caffè per versarne una piccola quantità nell’incavo di ogni biscotto. Con quello che avanzerà “sporcare” i biscotti in modo irregolare. Lasciar solidificare.

Sono molto delicati: se non si consumano entro poche ore, chiuderli in un contenitore ermetico.

3. Salatini con pomodoro secco e pecorino

Per circa 50 salatini


250 g di farina di grano khorasan (commercialmente Kamut)
60 g di pecorino semistagionato grattugiato
40 g di latte intero
40 g di olio extravergine di oliva
3 pomodori secchi
un mazzetto di prezzemolo ed erba cipollina freschi

Accendere il forno e portarlo a 180° (modalità ventilato). Rivestire con la carta forno la placca e una seconda placca o una tortiera grande dai bordi bassi.

Setacciare la farina in una ciotola e poi formare una fontana.

In una ciotolina mescolare il latte con l’olio.

Tritare finemente le erbe. Lavare via il sale dai pomodori secchi, asciugarli e tritarli con la mezzaluna. Unire il trito sia di erbe, sia di pomodori al composto di olio e latte e mescolare.

Unire il formaggio alla farina, aggiungere il composto con l’olio e lavorare da subito con le mani.

Quando sarà tutto ben amalgamato e l’impasto sarà liscio, prelevare con le mani una piccola quantità per volta e formare delle palline o dei piccoli cilindri. Adagiarli sulle placche.

Quando saranno tutti pronti decorarli passando velocemente su ognuno una rotella tagliapasta, oppure praticare un piccolo taglietto con la punta di un coltello: lo scopo è quello di dare a ogni salatino l’aspetto di un piccolo pane.

Cuocere per 12, massimo 14 minuti. Estrarre i salatini e, dopo alcuni minuti, trasferirli su una griglia perché si raffreddino più velocemente.

Una volta ben freddi si possono conservare in una scatola ermetica per un paio di giorni.