Questa non è una ricetta, ma una storia: Maria e la sua chitarra d'Abruzzo


Era il XX secolo. Il destino portava nella fredda (allora sì!) e nebbiosa (eccome!) città del nord delle persone come Maria. 
Maria veniva dall'Abruzzo; non da una città (che in confronto a Milano sarebbe stata comunque ben piccola), ma da un paesino di poche anime della montagna. Era relativamente giovane; oggi la definiremmo ragazza, ma, paragonata a mia madre che aveva solo cinque anni meno di lei, pareva vecchia. Antica, più che altro.

Piccola (in prima elementare ero alta quasi come lei) e scura, pettoruta e ricciuta, taciturna e spiccia. Il marito invece veniva dal Veneto, era molto più anziano e molto poco portato per la gastronomia, che non fosse il mangiare di sussistenza. Non ho idea di come e perché si fossero sposati; in comune avevano solo l'essere brave persone di una volta…. Mah, forse fu un matrimonio di convenienza. 


Maria cucinava, cucinava, cucinava. Le piaceva tantissimo? Non sapeva fare altro? Combatteva la nostalgia? Allora non lo sapevo, pensarci oggi non ha più senso. Una cosa la sapevo: aveva un bellissimo strumento di legno con i fili che mi ammaliava e, per vederla al lavoro, schiacciavo il naso contro il vetro della sua finestra e sgranavo gli occhi.

Ogni tanto mi faceva entrare e mi faceva sedere lì, su una di quelle orribili sediette di formica che
negli anni '60 hanno arredato le cucine "moderne" degli italiani, e mi parlava con la sua lingua della montagna (cucinando si dimenticava di parlare italiano): ecco ora fai così, poi cosà, poi attenta a questo, poi aspetta e poi ecco: usi la chitarra. 

Quanto mi piaceva! Anche più della macchinetta Imperia per la sfoglia che aveva la mia nonna, perché la chitarra era di legno e aveva il sapore di qualcosa di antico, di un qualcosa che esisteva da sempre.
 

Mille volte avrei potuto comperare quello strumento: la chitarra. In Abruzzo, per esempio, quando mi rimpinzavo di arrosticini e consumavo chilometri di pellicola per immortalare le stupefacenti chiese romaniche e i campi di fiordalisi! Ma non l'ho mai fatto, chissà perché. Forse pensavo che, tanto, non li avrei mai fatti gli spaghetti come quelli della Maria, che uscivano da quelle manine piccole e segnate, accompagnati da quella litania in dialetto e dall'ondeggiare del grosso seno stretto dentro il grembiule. 

Ora, che sono ben più vecchia di quanto era lei allora e che sono anche io - sebbene per motivi ben diversi - lontana dal posto dove sono nata… l'ho comprata la chitarra! 
Bella, di legno, con i fili d'acciaio (saranno stati d'acciaio i suoi fili? mi sa di no). 
L'ho rimirata per un po'. Ci ho ricamato sopra con la nostalgia. Poi l'ho inaugurata. 










2 commenti:

  1. Grazie! Una piccola storia di persone e tradizioni...

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    1. Mi fa piacere che tu abbia apprezzato la storia.
      Sorprende come, a voler cercare bene, molti dei nostri ricordi più belli siano legati, in qualche modo, alla cucina e al cibo. Non trovi? :-)

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