Un risotto tutto-sardo (in fondo non è difficile)


Che in cucina io sia una che mischia gli stili e le tradizioni non è una novità. Che sia sempre in cerca del matrimonio tra nord e sud è risaputo. Quindi ecco la sfida: preparare uno dei piatti più classici della cucina del nord, il risotto, con tutti ingredienti sardi.
Beh, in effetti non è che la sfida fosse particolarmente impegnativa… mi è bastato fare la spesa con un minimo di attenzione seguendo il principio enunciato in quella famosa frase (che non so di chi sia) "Fai quello che puoi con quello che hai nel posto in cui sei".



  • Riso Carnaroli di Oristano 
  • Moscato di Sorso (Sassari) Doc
  • cipolla bionda e brodo vegetale: tutte verdure di produzione del mio ortolano di Sorso (Sassari)
  • olio extravergine di oliva di Cuglieri (Oristano)
  • burro delle latterie di Arborea (Oristano)
  • pecorino semistagionato di Perfugas (Sassari)
  • sale delle saline di Macchiareddu (Cagliari)

Riscaldare il brodo vegetale (io avevo quello del giorno prima; altrimenti iniziate con un'oretta di anticipo e preparatelo al momento, senza salarlo).

Affettare la cipolla e poi tritarla brevemente con la mezzaluna. Raccogliere il trito in una casseruola con il fondo spesso insieme a una generosa noce di burro e a poco olio.

Farla riscaldare, facendo attenzione che non si bruci e nemmeno si colorisca troppo. Versare a pioggia il riso, mescolare energicamente e farlo tostare a fuoco vivace.





Bagnare con il Moscato, lasciar evaporare la parte alcolica del vino, quindi irrorare il riso con un paio di mestoli di brodo ben caldo e avviare la cottura abbassando la fiamma.

Nel frattempo sminuzzare  - non grattugiare! - il pecorino e tenerlo da parte. 




Mescolare spesso il riso e, appena si consuma, aggiungere altro brodo. Cuocere coperto - ovvero tenere il coperchio sopra la casseruola, ma non chiuderla ermeticamente - per circa 10 minuti, quindi scoprire e cuocere altri 5 minuti aggiungendo sempre il brodo necessario.

Unire i tocchetti di pecorino e, aggiungendo poco altro brodo se occorre, portare a termine la cottura in circa 3 minuti mescolando continuamente. Assaggiare e regolare di sale.

Allontanare la casseruola dai fornelli. Unire una seconda generosa noce di burro al risotto, mescolare fino a che non sia sia completamente sciolta e servire immediatamente.


 

Torta di arance di Milis


La pasta brisée si fa in un attimo e difficilmente la si sbaglia: farina, burro, acqua tiepida e un pizzico di sale, o un pizzico di zucchero. E quindi va bene sia per le torte salate, sia per quelle dolci. 
Beh, oggi sfogliavo alcuni libri di ricette per passare il tempo in attesa di una telefonata di lavoro - ebbene sì, leggo libri di ricette anche se non cerco una ricetta - e sono incappata in una torta al limone fatta proprio con la pasta brisèe. 

Mi son detta: Perché non farla con le arance? Ne ho di ottime, prese a Milis* direttamente dal produttore! E perché non introdurre una variante, che così, poi, se vien bene, la uso anche per altre torte? Detto, fatto: ci ho messo le mandorle con la buccia e zucchero di canna, per dare un tono rustico. 

E, visto che oramai la decisione di usare arance anziché limoni era presa, mi son detta anche che sarebbe stato bello mandare il link di questa pagina a La Cucina Italiana per il contest Arance della salute. Fatto anche quello!



Pasta brisée rustica alle  mandorle


230 g farina di grano tenero

120 g di burro
30 g di mandorle non sbucciate
20 g di zucchero di canna
acqua q.b.

Crema d'arancia


2 arance (scorza e succo)

90 g di burro
200 g di zucchero di canna
2 uova

Preparare la pasta.

Tritare finemente le mandorle insieme allo zucchero. Setacciare la farina, unire mandorle e zucchero e il burro, molto morbido, a tocchetti. Iniziare a unire i due ingredienti; si formeranno delle grosse briciole. Unire tanta acqua (vi consiglio di usare acqua minerale a temperatura ambiente) quanto basti a ottenere una pasta liscia e morbida. Il procedimento deve essere veloce.
Formare una palla, avvolgerla in pellicola per alimenti e riporla in frigorifero.

Nel frattempo preparare la crema d'arancia.
Togliere con un pelapatate la sola parte arancione della buccia delle due arance e tritarla con una mezzaluna, quindi spremerle e conservare il succo.
Montare con una piccola frusta le due uova intere.
In una pentolina sciogliere il burro molto dolcemente, unire tutto lo zucchero e amalgamare bene. Poi unire tutto il succo d'arancia e far sciogliere lo zucchero. Unire quindi le uova e mescolare continuamente finché la crema non si addenserà. Un attimo prima di spegnere amalgamare anche le bucce tritate. Fate attenzione a mantenere sempre il fuoco molto dolce per evitare che la crema si bruci.



Accendere il forno (modalità ventilato) e portarlo a 200°.


Riprendere la pasta dal frigorifero e stenderla con un matterello sul piano di lavoro leggermente infarinato cercando di ottenere una forma il più possibile tonda e regolare. La pasta non dovrà essere troppo sottile. 





Foderare una teglia (da 22 centimetri e possibilmente del tipo apribile) con carta da forno leggermente imburrata.
Bucherellare il disco di pasta con una forchetta, quindi inserirlo nella tortiera cercando di stenderlo bene senza romperlo. Rimboccare i bordi.

Riprendere anche la crema d'arancia, che, nel frattempo, si sarà quasi raffreddata. Versarla nel guscio di pasta.


Infornare posizionando la tortiera sulla griglia, a mezza altezza.


Cuocere circa 20 minuti a 200°, quindi altri 10 minuti abbassando la temperatura a 140°. La pasta dovrà staccarsi dai bordi della tortiera, colorarsi, ma non scurirsi troppo.


Attendere qualche minuto, quindi sfornare. Attendere ancora cinque minuti, quindi aprire la tortiera e far scivolare la torta su una griglia affinché si raffreddi completamente. Solo allora potrà essere tagliata.





Se le ricette con le arance vi appassionano, qui ne potete trovare altre due: la marmellata speziata e la salsa.  


* Milis è un piccolo paese in provincia di Oristano, famoso per gli splendidi aranceti, che regalano arance dolcissime e succosissime, per gli orti e per la bellissima chiesa romanica di San Paolo (che vale una visita tutto l'anno, anche se non è stagione di arance). 


Voglio aggiungere qui anche una piccola citazione: 
"Nel primo giorno di maggio, con un tempo magnifico, ho visitato i giardini o piuttosto la foresta d'aranci di Milis, ornamento della Sardegna, coi suoi cinquecentomila e più alberi, il cui avvicinarsi è annunziato da una brezza profumata. Circondato da colline che lo riparano, questo bosco, che ho percorso per più ore sotto un'ombra deliziosa, era allora animato dal canto degli uccelli e dal mormorio di mille ruscelletti che irrigano le radici di questi alberi sempre assetati. Uno strato spesso di fiori d'arancio copriva il suolo: io camminavo, sdrucciolavo su questa neve odorante. Se scostavo i rami per penetrare nel bosco, i fiori saltellavano nell'aria e mi sferzavano la faccia. Questo fiore prezioso (…) qui esala profumi inutili, cade in terra e forma uno spesso e dolce tappeto. Le erbe aromatiche mescolavano un gradevole e forte odore con quello più soave dell'arancio. L'abbondanza dei frutti è prodigiosa: qualche volta son necessari lunghi pali per sostenere i rami che si piegano sotto il peso delle arance e dei limoni. I frutti ammontano, nelle annate medie, a non meno di dieci milioni: si rimane abbagliati da tutti questi globi rossi e dorati, ardente vegetazione sospesa in festoni e ghirlande (…) Le campagne balsamiche di Milis meriterebbero esse sole un viaggio nella Sardegna"
Antoine Claude Pasquin detto Valery, Voyage en Sardaigne  1837



Il panino aperto con le zucchine romanesche


Alcuni giorni fa il mio ortolano mi ha proposto delle zucchine (di serra, ovviamente) davvero belle, di una varietà particolare: la romanesca. Hanno la caratteristica di non essere lisce e cilindriche, ma, piuttosto, di avere delle pronunciate coste longitudinali e forma curva, mentre il colore è scuro screziato di verde chiaro molto brillante. 
Erano sode e freschissime e così sono rimaste per una settimana nel cassetto delle verdure. Era giunto il momento di usarle e, complice il poco tempo che avevo ieri da dedicare al pranzo, sono diventate l'ingrediente per una sorta di "panino aperto" semplicissimo e velocissimo da preparare.




Zucchine
pomodori secchi
aglio
olio evo, sale e pepe bianco
mozzarella
pane tipo spianata

Mondare e grattugiare le zucchine con una grattugia manuale, spezzettare i pomodori secchi (ben puliti dal sale di conserva) e sminuzzare (o grattugiare) l'aglio.

In una padella scaldare un po' di olio, unire l'aglio, poi i pomodori secchi e infine le zucchine. Far stufare a fuoco dolce (circa 10 minuti, non di più).

Accendere il forno e portarlo a 200°. Tagliare in quattro una spianata grande o in due una piccola, spennellarla con pochissimo olio, salare leggerissimamente*.

Tagliare a fette le mozzarelle (una a testa, se non sono troppo grosse) e disporne alcune fette sopra il pane, poi condirle con un po' di pepe.

Versare le zucchine stufate, sovrapporre un paio di fette di mozzarella e mettere in forno, sulla griglia protetta con un foglio di alluminio. Far sciogliere leggermente la mozzarella (3 minuti circa), quindi impiattare e servire.

Et voilà il "panino aperto" velocissimo e semplicissimo è pronto.


* per chi volesse informazioni sulle spianate, ecco il link al "documento ufficiale" della Regione Sardegna che le definisce: http://www.sardegnaagricoltura.it/documenti/14_43_20070607165334.pdfhttp://www.sardegnaagricoltura.it/documenti/14_43_20070607165334.pdf
Sono, come leggerete, un "Prodotto tradizionale". 


Spaghetti al pomodoro (improvvisazione e cottura breve)




Oggi, 17 gennaio, è la Giornata Internazionale della Cucina Italiana (in inglese: International Day of Italian Cuisines).
Quest'anno (il settimo dalla nascita dell'iniziativa) è dedicato al più semplice dei piatti della tradizione italiana: gli spaghetti al pomodoro.

A parte le considerazioni che si possono fare sull'opportunità di scegliere gennaio (quando i pomodori - in teoria -  non ci sono) per celebrare gli spaghetti al pomodoro, direi che nemmeno l'aggettivo "semplice" è poi tanto azzeccato.

Ci vuole della pasta di ottima qualità, che deve poi essere cotta al dente; ci vogliono pomodori buoni; bisogna decidere se mettere aglio o cipolla; sapere quanto salare l'acqua e il sugo; decidere se aggiungere basilico fresco (avercelo, in gennaio!) o magari origano.

Vabè…

In tarda mattinata, tornando a casa  - a piedi - con oltre dieci chili di spesa nelle mie belle borsine di tela, accaldatissima a causa a una temperatura assurdamente alta, ho meditato di dare il mio contributo alla giornata. 

Avrei fatto  - partendo da zero - spaghetti a modo mio, ovvero un piatto che più che "semplice" fosse "improvvisato".

Per due persone:


200 g di farina integrale di grano korashan (commercialmente: Kamut) biologico, coltivato e macinato in Toscana
un po' di olio evo
un po' di acqua tiepida salata con sale marino integrale

una manciata di pomodorini maturi
passata di pomodoro casalinga
1 spicchio d'aglio
olio evo
sale
peperoncino
maggiorana fresca (questa d'inverno c'è)

Lavorare la farina con un po' di olio e un po' di acqua salata (acqua e olio necessariamente a occhio) fino a che l'impasto non sia elastico e perfettamente liscio.




Avvolgere la palla di impasto in un telo e lasciarla riposare per una ventina di minuti, quindi prenderne piccole porzioni alla volta e lavorarle sulla spianatoia per ottenere dei grossi e rustici spaghetti. Necessariamente irregolari, ma questo è il loro bello.

Grattugiare uno spicchio di aglio e scaldarlo con olio e un pizzichino di sale; unire i pomodorini ridotti in dadolata e la passata; cuocere al massimo per dieci minuti. Aggiungere un po' di peperoncino in polvere e qualche foglia intera di maggiorana.




Intanto cuocere la pasta in abbondante acqua salata con l'aggiunta di un cucchiaio d'olio (per evitare che gli spaghetti si appiccichino gli uni con gli altri).

Assaggiare e scolare al dente. Ricoprire di sugo e servire.

Semplice.