Cinque anni nella rete


Oggi questo blog compie cinque anni.

Lo so: abito lontano, è giovedì, fa freddo, siamo sotto Natale..., ma io i salatini li sto preparando ugualmente e vi aspetto per brindare!






E se la fregula fosse dolce?

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Fregula durche in crema gialla 
e granella di mandorle

Ebbene sì: mi sono presa una grossa libertà. Ho inventato di sana pianta un dolce mescolando vari elementi della tradizione sarda e declinandoli in modo davvero poco ortodosso.
Non ho scuse, se non quella che volevo partecipare al concorso che “Taste Abruzzo. Dove il sapore incontra la natura” ha indetto per il Natale 2014.


Come vedrete visitando la loro pagina internet, le direttive per partecipare erano poche e chiare e la lista degli ingredienti invitante e molto... mediterranea. Tanto che ho subito pensato che tra Abruzzo e Sardegna, in fondo, ci potesse scappare un bel gemellaggio.

Ecco qui quindi la mia ricetta, fatta con: il miele, lo zafferano, la semola di grano duro, le mandorle.

Per quattro persone.

Per la fregula:

150 gr di semola di grano duro varietà Cappelli* e acqua q.b.
per cuocerla:
¼ di litro d’acqua
¼ di litro di latte
1 cucchiaio da tè di miele di macchia**

Per la crema dolce:

4 tuorli
4 albumi
2 cucchiai da minestra di miele di macchia
½ lt di latte (se lo trovate, quello di pecora *** sarebbe l’ideale)
2 cucchiai da minestra di semola
1 cucchiaino da caffè di zucchero
zafferano in polvere ****

Per guarnire:

miele di macchia
mandorle non sbucciate *****

Per fare la fregula in casa ci vuole, oltre agli ingredienti (solo due: semola e acqua), manualità, esperienza e... la ciotola di terracotta chiamata tianedda, oppure un cestino di asfodelo, più un setaccio.
Se non possedete tutti questi attrezzi e requisiti, dirigetevi presso un buon pastificio artigianale e comprate la fregula già pronta. 
Altrimenti procedete rimescolando velocemente con le mani la semola che, man mano, spruzzerete con l’acqua. La semola si deve aggregare, formando delle palline irregolari. Quindi passate il tutto al setaccio, tenete da parte le palline già pronte e ricominciate a lavorare la rimanente semola fino a esaurirla. Fate seccare all’aria o nel forno ventilato, selezionando la temperatura più bassa e lasciando lo sportello aperto.

Quando la fregula è pronta, andrà cotta in una miscela di acqua e latte addolcita con un cucchiaino di miele, poi scolata ben cotta.

Altra cosa da fare in anticipo è tostare le mandorle non sbucciate in forno e poi spezzettarle con un coltello pesante.

Scaldare il latte in una casseruola larga e bassa. Montare gli albumi a neve ben ferma con un cucchiaino di zucchero, poi versarli a cucchiaiate nel latte fremente. Rigirare le piccole isole un paio di volte e cuocerle complessivamente un paio minuti. Scolarle con una schiumarola e tenerle da parte.

Mescolare con una frusta i tuorli con il miele, aggiungendo prima lo zafferano – assicurandosi che si amalgami bene - poi, poco per volta, la semola. Versare nel latte (sempre al limite del bollore) e mescolare accuratamente. Far addensare a fuoco dolcissimo e mescolando continuamente; ci vorranno pochi minuti.

Versare la crema in piatti fondi, unire un’isola di albume, contornarla con la fregula e decorare il tutto con la granella di mandorle. Per ultimo far scendere un filo di miele sul dolce, che va servito tiepido.





Scusate il boschetto di asterischi che ho coltivato, ma ci sono alcune cose da dire sugli ingredienti:

* Il Senatore Cappelli è una varietà di grano duro selezionato all’inizio del XX secolo che ha casa ideale nel Sud Italia e in Sardegna. La semola che uso io viene da Villaurbana, piccolo paese in provincia di Oristano.

** Il miele di macchia che ho utilizzato proviene da Scano Montiferro, sempre in provincia di Oristano. Sull’isola si producono moltissime varietà di miele (rosmarino, corbezzolo, sulla, erica, asfodelo, cardo, castagno, cisto...) e ci sono molti ottimi prodotti artigianali e casalinghi; questo oggi mi ispirava particolarmente.

*** Chiaramente in Sardegna e in Abruzzo, soprattutto per chi non abita in grossi centri, procurarsi il latte di pecora non è impossibile. Per chi abita a Milano lo è, lo so. Del buon latte di vacca intero andrà benissimo.

**** Anche la coltivazione dello zafferano è diffusa sull’isola: non solo a San Gavino Monreale, nella provincia del Medio Campidano, ma anche a Olmedo in provincia di Sassari, per esempio. Il mio proviene da Turri, in provincia di Cagliari.

***** E vogliamo parlare di mandorle? Quelle di Baressa (Medio Campidano) sono dolci, sono buone e sono le più famose. Giustamente! 


Cosette di mais e quinoa



L’altro giorno sono entrata per la prima volta in un negozio, davanti al quale passo spessissimo, specializzato in alimenti biologici e per coloro che seguono particolari regimi alimentari. 
La titolare, molto gentile, tra una chiacchiera e l’altra mi ha illustrato i pregi delle farine “alternative” a quella prodotta con le diverse varietà di frumento e, alla fine, ho scelto di portarmi a casa del fioretto di mais e della farina di quinoa.

Ieri mattina ho cominciato a sperimentare. 
E mescola e aggiungi e pesa e impasta, alla fine ho prodotto delle... frittelle? No... schiacciatine? Focacce? Insomma delle “cosette” alternative al pane, con un loro sapore ben definito, che si adattano bene ad accompagnare salumi e formaggi, salse tipo tzatziki (fatto con lo yogurt della mia gastronomia greca preferita, ovviamente!) o chutney e – esperimento di questa mattina a colazione – anche il miele.

Per una decina di “cosette”

100 g di farina di mais fioretto
100 g di farina di quinoa
50 g di acqua
50 g di latte
un pizzico di sale
1 cucchiaio d’olio



Setacciare insieme le farine. Mescolare gli ingredienti liquidi e sciogliervi il sale.
In una ciotola unire gli ingredienti e lavorare dapprima con una forchetta, poi con le mani. 

Trasferire l’impasto sulla spianatoia di legno e lavorarlo ancora un po’ per renderlo più liscio e omogeneo possibile. Non diventerà elastico, ma sarà facilmente lavorabile. Dividere la massa in dieci parti di dimensioni omogenee.

A questo punto conviene utilizzare un tappetino in silicone, perché è quasi impossibile stendere questo tipo di pasta su una superficie di legno. Con un matterello ricavare delle sfoglie il più possibile rotonde e sottili. Eventualmente se ne possono regolare i bordi con una rotella tagliapasta.


Scaldare una padellina antiaderente di dimensioni adeguate e cuocervi le sfoglie da entrambe le parti  - rigirandole una sola volta - per alcuni minuti. 

Dovrete necessariamente “andare a occhio” e toglierle quando saranno ben dorate. Volendo si può ungere la padella di volta in volta con un poco di olio, ma non è strettamente necessario. Conservatele via via coperte con un panno e utilizzatele fredde.






Sa pizzuda cun gherdas di Tiana. Una specialità di famiglia


Una tra le - molte - specialità che si possono gustare con l'arrivo dei mesi freddi qui da noi sull'isola è il pane arricchito con i ciccioli di maiale (gerda, o gherda). Ce ne sono moltissime versioni diverse, alcune dolci, altre salate.

Il comune denominatore è che si tratta di pani festivi, adatti alle riunioni domenicali intorno al camino e decisamente saporiti. Si preparano in piccoli laboratori e panifici artigianali ma, se avete la fortuna di assaggiarne di fatti in casa, non ve ne scordate più.

Se questo tipo di pane si prepara un po' ovunque ai quattro angoli dell'isola, quello di Tiana (Nuoro) è sicuramente particolare. 

Infatti è più di un "semplice pane" cui siano stati aggiunti ciccioli all'impasto: si tratta di una sorta di tasca di pane, farcita con ciccioli e cipolla e chiusa con un grazioso cordone di pasta. Si chiama pizzuda cun gherdas ed è riconosciuto come piatto tipico. 




Lidia e Iolanda - due diverse generazioni, un'unica passione per le cose buone e la tradizione - vivono nel cuore di Tiana e cuociono questo e altri pani in un bellissimo forno a legna. 
E, rispettando un'altra tradizione importantissima, quella dell'ospitalità, condividono il frutto del loro impegno.

Io sono una di questi fortunati ospiti.

No, non metterò la ricetta: credo sia impossibile riprodurre sa pizzuda cun gherdas in una normale casa cittadina. Infatti non ho nemmeno chiesto di spiegarmi come si fa, anche perché so che, se chiedessi, mi verrebbe risposto che farlo "è una cosa semplicissima"… 
Lo è, infatti, se si ha buona volontà, vocazione, tempo da dedicare alla casa e alla cucina, accesso a materie prime sceltissime e prodotte in modo tradizionale. Basta?



Torta (per oggi) salata di riso e zucca



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Zucca gialla. A me piace molto ed è molto versatile: si può usare per minestre, risotti, come contorno e persino come dolce.
Oggi ho provato a declinarla in una specie di torta salata che, pensandoci bene, domani potrebbe essere una torta dolce.
Basta mettere zucchero invece di sale e cannella invece di aglio ed erba cipollina... Sì, sì, perché no?

Per una torta di 22 centimetri di diametro ho usato:

100 g di riso per risotti (Carnaroli)
400 g circa di polpa di zucca pulita
3 uova
1 spicchio d’aglio
1 cucchiaio di yogurt (tipo greco)
burro
sale e pepe
formaggio grattugiato

Cuocere il riso in acqua leggermente salata con l’aggiunta di un piccolo pezzo di burro.
Cuocere la zucca in poca acqua leggermente salata con uno spicchio d’aglio a pezzetti (o intero, se poi volete toglierlo).
Sbattere le uova con una forchetta con yogurt, sale e pepe.

Imburrare generosamente una tortiera del tipo apribile e portare il forno a 180°.
Tagliuzzare l’erba cipollina con la forbice da cucina.

Scolare la zucca e schiacciarla con la forchetta, unire il riso a sua volta scolato e lasciar intiepidire. Unire poi le uova sbattute e l’erba cipollina.

Versare il tutto nella tortiera e cuocere circa 20 minuti, prima nella parte bassa del forno - regolato sulla modalità ventilato - , poi in quella alta. Se il vostro forno non è ventilato, lasciatela sul ripiano centrale e andrà benissimo ugualmente, ma tenetela d’occhio.




Al termine della cottura lasciare la torta per dieci minuti nel forno spento, con lo sportello aperto. Sfornare, sformare, cospargere di formaggio grattugiato (pecorino) e servire.



Basta una minestra per avere un (altro) giorno felice. Ovvero fregula fatta in casa con fagioli rari



Sono fortunata: ho amici che mi regalano cose. E non cose qualsiasi.
Sono piccoline e povere, ma hanno un valore aggiunto immenso: l’amore e la cura con cui sono fatte, più un pizzico di impegno personale e sociale che spinge a fare la scelta di utilizzare solo materie prime prodotte localmente.

Ecco qui la fregula (su succu, su pistizzone; chiamatela come preferite) di Gian Luca:



Ed ecco qui un’altra cosa bella: fagioli piccoli e ormai rari della varietà cara 'e monza biancu, dei quali si occupa 
l’Università di Sassari attraverso il suo Centro per la conservazione e valorizzazione della biodiversità vegetale insieme a diverse altre qualità di leguminose dai nomi bellissimi.


Lo sforzo che ho fatto io è stato davvero minimo: mettere insieme due cose buone e ricavarne un pranzo casalingo che ci ha fatto felici.

Fregula casalinga
fagioli cara 'e monza
pomodori secchi
pomodori freschi
sedano, carota e cipolla
aglio
basilico fresco
olio, sale e pepe

Precuocere i fagioli in acqua leggerissimamente salata con un pezzetto di sedano, una carotina e una guaina di cipolla per circa venticinque minuti.

In una casseruola scaldare dell’olio e aggiungere aglio e pomodori secchi tritati insieme.

Poco dopo unire pomodori freschi frullati velocemente interi - buccia e semi compresi - e acqua in quantità pari al volume dei pomodori. Lasciar sobbollire questa sorta di brodo di pomodori per circa 10 minuti.

Quindi unire i fagioli con almeno un paio di mestoli della loro acqua di cottura e lasciar cuocere coperto per circa 10 minuti.

In acqua salata lessare la fregula per circa 5 minuti, quindi unirla alla minestra di fagioli e pomodori e cuocere altri 5 minuti. Se preferite potete lessare la fregula nella stessa acqua dei fagioli, ma tenete presente che in quel caso si tingerà di scuro: buona ugualmente, ma meno bella da vedere.



Regolare di sale e pepe e, prima di portare a tavola, aggiungere un filo di olio crudo e del basilico fresco spezzettato (il mio  - coltivato sul terrazzo - è ancora bellissimo!)



Ispirazione papassini, ma alla fine sono un'altra cosa



Due novembre: la tradizione reclama i papassini (dolcetti di frutta secca impastati con lo strutto e spesso ricoperti da una glassa di zucchero) e molti rispondono. Ognuno con la sua ricetta di famiglia, con varianti minime - ma significative -  e segreti tramandati di madri in figlie. Da qualche anno mi riprometto di provare anche io a farli, colleziono ricette, comparo, studio, ma non mi decido mai. 

Quest'anno ho preso la decisone finale: non farò i papassini. Non ne ho voglia, c'è chi li fa molto meglio di me (ed è così gentile da regalarmeli!) e, in fondo, se proprio proprio devo scegliere, preferisco gli amaretti.

Però i biscotti li faccio ugualmente. Inspirational papassini...

300 g di semola di grano duro
220 g di frutta secca mista sgusciata (mandorle, noci e nocciole), ma non sbucciata
150 g di zucchero grezzo di canna
80 g di strutto
1 uovo intero + 1 tuorlo
2 cucchiai di Moscato di Sorso (o altro vino dolce, tipo un passito)
1 bustina di lievito in polvere
1 pizzico di sale



Setacciare la semola, mischiarla allo zucchero e al lievito e formare la fontana sul piano di lavoro. Mescolare in una ciotolina l'uovo e il tuorlo, il Moscato e il pizzico di sale.
Spezzettare la frutta secca con un coltello pesante.

Preparare la farina e lo zucchero sulla spianatoia, unire lo strutto e lavorare con le dita per avere dapprima un mucchietto di briciole. Unire poi le uova sbattute con il Moscato e impastare fino a che l'impasto non sia omogeneo e liscio.

A questo punto unire tutta la frutta secca, lavorare ancora un po' perché si distribuisca uniformemente nell'impasto, quindi formare una palla, avvolgerla in uno strofinaccio e riporla in frigorifero.

Accendere il forno e portarlo a 180°, foderare la placca con cartaforno.

Riprendere la pasta e stenderla con il matterello sul ripiano infarinato cercando di mantenere un'altezza uniforme di 1 centimetro (si possono mettere due fermi - vanno bene anche i manici di due cucchiai di legno - ai lati della pasta e appoggiarci il matterello). Tagliare i biscotti della forma desiderata. Io ho ricavato dei grossi biscotti rettangolari, ma vanno bene anche tondi, o lunghi e stretti, o quadrati.

Sistemare i biscotti distanziati sulla placca del forno e cuocere 20 minuti esatti. Spegnere il forno, aprire leggermente lo sportello e attendere circa 10 minuti, quindi estrarli  e farli raffreddare completamente su una griglia.

Provati la mattina nel cappuccino: son piaciuti. Alla sera esperimento: li ho pucciati in quel nettare che è il Vermentino passito (16 gradi di sole alcolico…) e sono anche più buoni. Mi dicono che vanno bene anche con il tè.

Da Villaurbana alla chitarra, passando per stoffe e fagioli



L’autunno quaggiù quest’anno è secco (almeno domenica scorsa così sembrava) e, come ogni autunno, è tempo di sagre, di feste, di cortes apertas
Ovvero le case, i cortili, le botteghe artigiane di paesi grandi e piccoli vengono aperte ai visitatori dopo il caldo e la ressa dell’estate, ma prima del freddo... e della pochissima voglia di muoversi che caratterizza gli abitanti dell’isola in inverno.

Villaurbana, paese di meno di milleottocento abitanti nel Campidano di Oristano, ha organizzato la diciassettesima edizione della sua Sagra del Pane proprio la scorsa fine settimana. Non per nulla Biddobrana (come si chiama in sardo) è Città del Pane 
ed è conosciuta per la produzione di semole di alta qualità ricavate da diversi tipi di grano duro coltivati nei dintorni, tra i quali spicca la pregiata varietà Cappelli.
 
Villaurbana (Oristano), ottobre 2014
Villaurbana (Oristano), ottobre 2014

Un’occasione che si può sfruttare per fare provviste di cose buone e per fare anche qualche bella fotografia. E, infatti, non ci siamo lasciati pregare! Accompagnati da due amici che, come noi, non hanno bisogno di grande preavviso per organizzarsi e partire, abbiamo visitato il paese, ci siamo concessi un pranzetto niente male e siamo tornati carichi di acquisti.

Primo fra tutti la semola, ma anche la frutta secca e i legumi; alcuni piccoli oggetti di artigianato; il pane e la fregula. 








Confesso che ho passato la mattina di lunedì a fotografare i fagioli, i ceci, le lenticchie, le mandorle... mi sono divertita a mettere tutti in posa e a scattare da varie angolazioni, modificando il “set”, cambiando gli sfondi. Insomma un gioco divertente dal quale ho capito che i legumi sono degli ottimi soggetti!


Oggi, invece, mi sono dedicata alla pasta: spaghetti alla chitarra con una ricetta “mista”; ovvero ho usato un uovo per 400 gr di semola, poca acqua e un po’ di olio. Risultato: una bella pasta porosa, rustica e saporita, che ho condito con un semplicissimo sughetto di cipolle stufate. 






Muffin, di nuovo...? Con mele, burro e yogurt piuttosto speciali


L'ennesima ricetta per i muffin?

Ebbene sì. Niente di nuovo sotto il sole: ho fatto dei muffin. 
Però ci ho messo mele raccolte direttamente dall'albero a San Michele Appiano, nocciole e farina da grano da coltivazioni biologiche, uova acquistate direttamente da un allevatore di galline ovaiole (all'aperto), burro prodotto in una della malghe della Val Casies, yogurt della latteria sociale di Vipiteno. Insomma, per una volta non c'è nemmeno un ingrediente sardo.

Sono piaciuti. Eccoli qua.



230 g di farina
200 g di zucchero di canna
125 g di yogurt bianco intero
80 g di burro
2 uova intere
1 bustina di lievito in polvere
due manciate di nocciole non sbucciate
2 mele (di varietà indefinita: in pratica quelle che trovate, escluse quelle verdi)
1 pezzo di ottimo cioccolato artigianale (quantità a vostra discrezione ma di buona qualità)

Preriscaldare il forno a 180°. Imburrare e infarinare dei pirottini di carta oleata (io poi li ho sistemati negli alloggiamenti di una di quelle teglie con stampi multipli).

Tritare grossolanamente le nocciole e il cioccolato. Sbucciare e tagliare a dadini le mele, bagnandole via via con un po' di succo di limone per non farle scurire.

Sciogliere il burro a bagnomaria e lasciarlo quasi completamente raffreddare.

Lavorare il burro con lo zucchero con una frusta, unire la yogurt e amalgamare bene, quindi unire le uova - una per volta - e mescolare bene per ottenere un composto molto liscio. Abbandonare la frusta a favore di una spatola di silicone e aggiungere poco per volta la farina ben setacciata insieme al lievito.

Aggiungere infine le mele, le nocciole e il cioccolato e mescolare bene.

Versare il composto nei pirottini/stampini e infornare subito.

Cuoceranno in circa 25 minuti, ma è bene fare un controllo con lo stecchino prima di spegnere il forno. A quel punto lasciare i dolcetti a riposare per un po', quindi toglierli dal forno e lasciare raffreddare completamente sull'apposita griglia.

Di montagne, cuori di stoffa e altre delizie


Se vi capitasse di passare da Sappada, oltre che godere dello splendido paesaggio delle montagne bellunesi, curiosare in negozietti deliziosi (mi sono portata via dei fagioli di Lamon con i quali ho confezionato una delle migliori pasta e fagioli della mia vita!), pensare che ci abita proprio della bella gente, che ci tiene al proprio paese e alla propria casa... dovete assolutamente andare da Laite.

Sappada, la montagna da Borgo Hoffe
Sappada, Borgo Hoffe

Un ristorantino, il Laite, che, tanto per cominciare, materializza il sogno infantile di entrare in una casetta piccina picciò, tutta di legno e piena di cose belle e tenere; per scoprire - da grandi - un ambiente caldo, pulito, curato, accogliente ed elegantissimo nella sua discreta semplicità.
 
Sappada, Borgo Hoffe - Ristorante Laite

E poi vi seduce definitivamente con il cibo: ottimo, concreto e saporito, ma, allo stesso tempo, arioso e fantasioso. Come riesca a trasmettere queste sensazioni e a sintetizzare questi sapori la bravissima Chef Fabrizia Meroi io non lo so.
 
E ho deciso che non voglio saperlo, che non voglio tentare di carpire alcun segreto. Preferisco, invece, coltivare il desiderio di tornare ancora ad assaggiare i suoi piatti abbinati ognuno a un diverso vino, accuratamente selezionato da Roberto Brovedani, il quale attinge da una cantina che, visto ciò che ne è uscito nello spazio di un solo pranzo, deve conservare dei veri tesori.

Sappada, Borgo Hoffe - Ristorante Laite

Sappada, Borgo Hoffe - Ristorante Laite

Magari, poi, la prossima volta vengo in moto.